Alcibiade si rifugia in Asia

Alcibiades, victis Atheniensibus, non satis tuta eadem loca sibi putans, penitus in Thraciam se supra Propontidem contulit, sperans ibi facillime suam fortunam occuli posse. Falso. Nam Thraces, postquam eum cum magna pecunia venisse senserunt, insidias fecerunt: qui ea, quae apportaverat, abstulerunt, ipsum capere non potuerunt. Ille cernens nullum locum sibi tutum in Graecia propter potentiam Lacedaemoniorum, ad Pharnabazum in Asiam transiit, quem quidem adeo sua cepit humanitate, ut eum nemo in amicitia antecederet. Namque ei Grynium dederat, in Phrygia castrum, ex quo quinquagena («cinquanta») talenta vectigalis capiebat. Qua fortuna Alcibiades non erat contentus neque Athenas victas Lacedaemoniis servire poterat ferre. Itaque omni cogitatione ferebatur ut patriam liberaret. Sed videbat id sine rege Perse non posse accidere, ideoque eum amicum sibi cupiebat adiungi.

Cornelio Nepote

Alcibiade, essendo stati vinti gli Ateniesi, ritenendo non abbastanza sicuri per sé gli stessi luoghi, si recò nella parte più interna della Tracia, sopra la Propontide, sperando che ivi la sua fortuna potesse essere nascosta con la massima facilità. A torto. Infatti i Traci, quando seppero che era arrivato con una gran quantità di denaro, gli tesero un agguato: essi rubarono ciò che aveva portato, [ma] non poterono catturarlo. Egli, comprendendo che nessun luogo in Grecia era sicuro per lui per la potenza degli Spartani, passò in Asia presso Farnabazo, il quale in verità lo accolse con tale umanità che nessuno lo superava nell’amicizia. Infatti gli aveva dato Grinio, fortezza nella Frigia, dalla quale traeva cinquanta talenti di rendita. Alcibiade non era soddisfatto di quella fortuna né poteva sopportare che Atene, vinta, fosse schiava degli Spartani. Perciò era indotto da ogni pensiero a liberare la patria. Ma vedeva che ciò non poteva avvenire senza il re Persiano, e per questo voleva legarlo a sé come amico.