Amore e Psiche (quarta parte) (Apuleio)

Cum nox pervenit, maritus ignotus in thalamum revertitur et in altum soporem descendit. Tunc Psyche novaculam arripit et lucerna utens maritum anxia tuetur et dulcissimum omnium animantium, Amorem formosissimum deum, formose cubantem videt. Dum divini vultus pulchritudinem intuetur, se recreat: videt aureum caput, cervices lacteas, genas purpureas, alas et plumulas delicatas. At dum insatiabili animo Psyche maritum suum rimatur et eius arcum sagittasque ante lectuli pedes positas miratur, lucerna, sive invidia sive quod contingere et quasi basiare tale corpus ipsa conabatur, evomuit stillam ferventis olei super umerum dexterum dei. Amor subito experrectus evolat et de alto cacumine cupressi sic eam graviter adfatur: «Ego quidem matris meae Veneris praeceptorum immemor fui. Illa te miseri hominis cupidine devinctam infimo matrimonio addici iusserat, ego autem te coniugem meam feci. Nunc, illae quidem consiliatrices egregiae, sorores tuae, tam perniciosi consilii poenas luent, te vero tantum fuga med puniams.

Apuleio

Quando sopraggiunse la notte lo sconosciuto marito tornò nella camera nuziale e cadde in un sonno profondo. Allora Psiche prese un pugnale e servendosi di una lucerna osservò ansiosa il marito, e vide il più dolce tra tutti gli esseri viventi, Amore il bellissimo dio, che dormiva disteso in molle atteggiamento. Mentre guardava attentamente lo splendore del volto divino, si riconfortò: vide la testa dorata, il collo bianco come il latte, le guance color di porpora, le ali e le piccole piume delicate. Ma mentre Psiche con animo insaziabile scrutava suo marito e ammirava il suo arco e le sue frecce posti ai piedi del letto, la lucerna, o per invidia o perché essa stessa tentava di toccare e quasi di baciare quel corpo così magnifico, riversò una goccia di olio bollente sulla spalla destra del dio. Amore, svegliato all’improvviso, volò via e dall’alta cima di un cipresso le parlò aspramente in questo modo: “Io sono stato davvero incurante dei comandi di mia madre Venere. Ella mi aveva ordinato di condannarti ad un infimo matrimonio avvinta dalla passione per un uomo abietto, invece io ti ho reso mia moglie. Ora, le tue sorelle, quelle veramente eccellenti consigliere, pagheranno il fio di un così pernicioso consiglio, inoltre solamente con la mia fuga io ti punirò”.