Aneddoti su Alessandro Magno

Alexander, cum iam in India vagaretur et gentes bello vastaret, in obsidione cuiusdam urbis, dum circumit muros et imbecillima moenium quaerit, sagitta ictus diu persedere et incepta agere perseveravit. Deinde cum, represso sanguine, sicci vulneris dolor cresceret et crus suspensum equo paulatim obtorpuisset, coactus absistere: «Omnes – inquit – iurant me lovis filium, sed hoc vulnus hominem esse me clamat». Alexandri pectus insatiabile laudis potentiae fuit. Nam Anaxarcho, comiti suo, qui ex auctoritate Democriti praeceptoris innumerabiles mundos esse dicebat: «Heu me – inquit – miserum, qui ne uno quidem adhuc potitus sum!»

Alessandro, quando ormai in India faceva scorrerie e distruggeva con la guerra i popoli, durante l’assedio di una città, mentre faceva il giro delle mura e cercava i punti più deboli delle mura, sebbene colpito da una freccia, continuò a lungo a rimanere a cavallo e a fare la cosa intrapresa. In seguito poiché, arrestatosi il sangue, il dolore della ferita secca cresceva e la gamba appesa al cavallo era a poco a poco divenuta insensibile, costretto a desistere: “Tutti – disse – giurano che io sono figlio di Giove, ma questa ferita annuncia a gran voce che io sono un uomo”. L’animo di Alessandro fu insaziabile di lodi. Infatti ad Anassarco, suo compagno, il quale conformemente all’opinione del suo maestro Democrito diceva che vi erano innumerevoli mondi: “Oh misero me – disse – che non ne ho ancora conquistato nemmeno uno!”.