Apollo e Dafne

Iratus Cupido diversis (“dall’effetto opposto”) sagittis Apollinem ac Daphnem fixit. Deus vehementi amore affectus est, nympha autem viros et nuptias abhorruit fugamque per silvas petivit. Formidabilis deus puellam orabat: «Iovis filium respice! Medicorum et poetarum patronus sum!». Sed Daphne inflexibilis erat. Tandem nympha vires amisit et patrem exoravit: «Formam meam muta!». Fluminis numen supplicis vocem audivit et repente rigidus torpor puellae membra occupavit: dura cortex mollia membra cinxit, bracchia in ramos commutata sunt et crines in frondes. In laurum tandem commutata est nympha (laurum enim Graeci daphnem appellant) et semper lauri frondes Apollinis comam ornant.

Cupido, adirato, trafisse Apollo e Dafne con frecce dall’effetto opposto. Il dio fu preso da un’intensa passione, la ninfa invece detestò uomini e nozze e fuggì per i boschi. Il terribile dio supplicava la fanciulla: «Guarda il figlio di Giove! Sono il protettore di medici e poeti!». Ma Dafne era irremovibile. Alla fine la ninfa perse le forze e supplicò il padre: «Trasforma il mio aspetto!». Il dio del fiume udì la voce della supplice e subito un rigido torpore si impadronì delle membra della fanciulla: una dura corteccia cinse le morbide membra, le braccia si trasformarono in rami e i capelli in fronde. Alla fine la ninfa si trasformò in alloro (i Greci infatti chiamano l’alloro “dafne”) e le fronde dell’alloro adornano sempre la chioma di Apollo.