Appio Claudio Cieco dissuade i Romani dal trattare la pace

Romam itaque venit Cineas, et domos principum cum ingentibus donis circumire conatus est. Sed narrant nusquam vero receptum esse: enim non viris solum, sed et mulieribus spernere eius munera visum est. Introductus deinde in curiam, cum regis virtutem propensumque in Romanos animum verbis extolleret, et de conditionum aequitate dissereret, sententia senatus ad pacem et foedus faciendum inclinavisse fertur; tum Appius Claudius senex et caecus in curiam lectica deferri se iussit, ibique gravissima oratione pacem dissuasit: itaque responsum Pyrrho a senatu est eum, donec Italia excessisset, pacem cum Romanis habere non posse. A senatu vetiti sunt captivi omnes, quos Pyrrhus reddiderat, ad veterem statum redire priusquam bina hostium spolia retulissent. Quare legatus ad regem revertus est: quo cum Pyrrhus quaereret qualem Romam comperisset, respondit urbem sibi templum senatum vero consessum regum esse visum.

Nove discere – Pag.233 n.13 – Lhomond

E così Cinea andò a Roma, e con doni di grande valore cercò di circuire le famiglie dei cittadini più ragguardevoli. Ma raccontano che non fu accolto da nessuna parte: infatti sembrò che non solo gli uomini, ma anche le donne disprezzassero i suoi doni. Fatto poi entrare nella curia, mentre lodava a parole il valore del re e l’animo propenso nei confronti dei Romani, e discuteva dell’equità delle condizioni, si dice che il giudizio del senato fu incline alla pace e allo stipulare un accordo; allora Appio Claudio, vecchio e cieco, ordinò che venisse portato nella curia con la lettiga e lì con un’autorevolissima orazione sconsigliò la pace: pertanto dal senato fu risposto a Pirro che, finché non fosse andato via dall’Italia, non poteva avere la pace con i Romani. Dal senato fu vietato che tutti i prigionieri, che Pirro aveva restituito, ritornassero alla condizione precedente prima di aver riportato due spoglie di nemici. Perciò il luogotenente ritornò dal re: chiedendogli Pirro come avesse trovato Roma, rispose che la città gli era sembrata un tempio, mentre il senato un’adunanza di re.