Carlo Goldoni

Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 o 7 febbraio 1793) è stato un drammaturgo italiano. Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707, da una famiglia borghese, trovatasi in difficoltà finanziarie in seguito agli sperperi del nonno paterno. Aveva cinque anni quando il padre si trasferì a Roma, lasciandolo con la madre. Intrapresa la carriera di medico, il padre lo chiamò presso di sé, a Perugia. Si trasferì a Rimini, per studiare filosofia, ma abbandonò lo studio, sia per nostalgia della madre, sia per seguire una compagnia di comici di Chioggia. Ebbe così inizio un periodo piuttosto avventuroso della sua vita, seguendo prima il padre nel Friuli, poi riprendendo gli studi a Modena ed elaborò le prime opere comiche, ancora in forma dilettantesca (Feltre, Il buon padre e La cantatrice). La passione per il teatro caratterizzò la sua inquieta esistenza. Con l’improvvisa morte del padre (1731), si dovette prendere carico della famiglia; tornato a Venezia, Tentò inizialmente di completare gli studi presso il collegio Ghislieri di Pavia: venne tuttavia espulso, a causa di alcuni versi poco encomiastici scritti per alcune fanciulle bene della città. Completò quindi gli studi a Padova, ed intraprese la carriera forense. Nel 1734, incontrò a Verona il capocomico Giuseppe Imer e con lui tornò a Venezia dopo aver ottenuto l’incarico di scrivere testi per il teatro San Samuele, di proprietà Grimani.

Seguendo a Genova la compagnia Imer, conobbe e sposò Nicoletta Conio. Con lei Goldoni tornò a Venezia. Nel 1738, Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia il Momolo cortesan, con la parte del protagonista interamente scritta. A Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia interamente scritta, La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti. Continuò a lavorare nel teatro durante la guerra di successione austriaca curando gli spettacoli di Rimini occupata dagli Austriaci; poi soggiornò in Toscana. Goldoni non aveva abbandonato i contatti con il mondo teatrale: fu convinto dal capocomico Girolamo Medebac a sottoscrivere un contratto come scrittore per la propria compagnia che recitava a Venezia al teatro Sant’Angelo; nel 1748 tornò a Venezia. Tra il 1748 e il 1753 Goldoni scrive per la compagnia Medebac una serie di commedie, in cui, distaccandosi dai modelli della commedia dell’arte, realizza i principi di una “riforma” del teatro. A questo periodo appartengono L’uomo prudente, La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario: qui emergono le polemiche sulla novità del teatro goldoniano e la rivalità con l’abate Pietro Chiari, che lavora per il teatro San Samuele. Realizza inoltre sedici commedie, tra cui Il teatro comico, La bottega del caffè, Il bugiardo, La Pamela, tratta dal romanzo di Samuel Richardson, Il giocatore, La dama prudente, L’avventuriero onorato, I pettegolezzi delle donne. L’attività per il Medebac continuò poi con Il Molière, L’amante militare, Il feudatario, La serva amorosa, fino a La locandiera e a Le donne curiose. Dopo aver rotto con il Medebac, Goldoni assume un nuovo impegno nel 1753 con il teatro San Luca, di proprietà Vendramin.

Comincia quindi un periodo travagliato in cui Goldoni scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell’arte: fra le tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le commedie si possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il campiello. Goldoni era ormai una celebrità nazionale. Tornato a Venezia, ebbe dei grandi risultati artistici con Gl’innamorati, commedia in italiano e in prosa, con I rusteghi, in veneziano e in prosa e con La casa nova e La buona madre. Nel 1761 Goldoni fu invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie Italienne, al quale accettò. Vitale fu l’ultima stagione per il San Luca, prima della partenza, ove produsse La Trilogia della villeggiatura, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale. Giunto a Parigi nel 1762, Goldoni aderì subito alla politesse francese, dovendo anche affrontare varie difficoltà a causa dello scarso spazio concesso alla Comédie Italienne e per le richieste del pubblico francese, che identificava il teatro italiano con quella commedia dell’arte da cui Goldoni si era tanto allontanato. Goldoni riprese una battaglia di riforma: la sua produzione presentava testi destinati alle scene parigine e a quelle veneziane; si possono ricordare le due commedie in francese che vogliono confrontarsi con Molière e con la tradizione comica francese, Le bourru bienfaisant e L’avare fastueux.

Goldoni insegnò l’italiano alla famiglia reale a Versailles e nel 1769 ebbe una pensione di corte. Tra il 1784 e l’87 scrisse in francese la sua autobiografia, Mémoires. La rivoluzione francese sconvolse la sua vita e, con la soppressione delle pensioni di corte, morì in miseria il 6 o il 7 febbraio 1793. Le sue ossa sono andate disperse. I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l’autore si rivolgeva, con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a quello che frequentava i teatri. Le commedie goldoniane furono raccolte per la prima volta dall’editore veneziano Bettinelli tra il 1750 e il 1755. Un’ulteriore edizione uscì presso l’editore fiorentino Paperini, poi presso l’editore fiorentino Pitteri e nel 1761 presso l’editore Pasquali. Un’edizione definitiva e completa delle Opere teatrali uscì presso l’editore veneziano Zatta tra il 1788 e il 1795. L’opera di Goldoni è piena di contraddizioni. L’intera opera goldoniana si offre come un’ininterrotta serie di situazioni, si svolge attraverso un “quotidiano parlare”. Il linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto nei loro incontri e si mostra indifferente alle tradizionali prospettive letterarie e formali. Passando continuamente dall’italiano al veneziano e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali, è quello del mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano. Il francese usato da Goldoni negli ultimi anni, in particolare nei Mémoires, presenta un interesse notevole.

La prima fase dell’opera goldoniana arriva fino al 1748, quando accettò in maniera definitiva la professione teatrale: comincia a sperimentare e confrontarsi con la commedia dell’arte. La riforma goldoniana si afferma nel periodo del teatro Sant’Angelo: i suoi punti sono indicati nella prefazione all’edizione Bettinelli e nella commedia Il teatro comico. Goldoni, analizzando il ruolo del genere comico, rivendica l’onore e la dignità dei comici e critica la banalità delle convenzioni della commedia dell’arte. L’elemento principale della riforma è il richiamo alla natura, che ti confronta continuamente con la realtà quotidiana. La prefazione all’edizione Bettinelli indica i libri essenziali della formazione goldoniana: quello del “mondo”, che gli ha mostrato gli aspetti naturali degli uomini, e quello del “teatro”, che gli ha insegnato la tecnica della scena e del comico. Con la quarta fase, si presenta una disarmonia e contraddittorietà tra “mondo” e “teatro”. L’ultima fase, costituita dall’esperienza francese, nasce tra parecchie difficoltà: non si ha più riscontro dal mondo veneziano, che è stato l’ispirazione di Goldoni. La sensibilità teatrale di Goldoni lo porta lontano dai principi della riforma. In alcune sue commedie vi sono parecchi riferimenti alla commedia dell’arte: la permanenza delle maschere e caricature e deformazioni di comicità. Altre tracce si possono ritrovare in certi intrecci e nella distribuzione delle scene. Goldoni scrisse anche libretti melodrammatici, quindici intermezzi e cinquanta drammi giocosi: tra questi L’Arcadia in Brenta, Il mondo della luna, La buona figliuola musicata da Niccolò Piccinni, La bella verità. L’ideologia di Goldoni è stata definita “illuminismo popolare”, che critica ogni forma di ipocrisia e riconosce valore e dignità alle forme di espressione delle differenti classi sociali, in un’ottica terrena e laica. Goldoni aspira ad un pacifico mondo razionale, accettando le gerarchie sociali, distinguendo i diversi ruoli della nobiltà, della borghesia e del popolo. Conscio dei conflitti che possono sorgere tra le varie classi, dando spazio nel suo teatro al conflitto tra nobiltà e borghesia, secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente dalla classe cui appartiene, attraverso l’onore e la reputazione di fronte all’opinione pubblica. Ogni individuo se onorato accetta il proprio posto nella scala sociale e rimane fedele ai valori della tradizione mercantile veneziana: onestà, laboriosità, ecc.

Nei Mémoires, Goldoni offre l’immagine di una trionfante affermazione della missione teatrale, di un sicuro proposito di riforma sostenuto da una spontanea gaiezza. La sua figura appare come un’immagine che rappresenta cordialità, disposizione al sorriso e alla gioia, disponibilità umana. Dietro quest’immagine gaia, vi è un’inquietudine, scaturita dall’estraneità dell’io narrante rispetto alle vicende, che si trasforma in un continuo interrogarsi su se stesso e sul mondo, in una forma di inquieta ipocondria. Per tutta la sua vita, Goldoni è alla ricerca di legittimazione di se stesso, del proprio fare teatro: ciò converge con il suo rifiuto di una tranquilla professione borghese. Non essendo nato all’interno dell’ambiente teatrale e venendo da un contesto diverso, non riesce ad accettare il teatro così com’è, ma cerca di riformarlo, cercando di fondare un nuovo teatro onorato. Nel libro del Mondo, Goldoni rivolge la propria attenzione sia ai vizi, che il suo teatro vuole colpire e correggere, sia a qualità e virtù, da mettere in risalto. Ogni opera di Goldoni contiene una sua morale, sottolineando nelle premesse il ruolo pedagogico dei caratteri. Il teatro attinge dal mondo riferimenti, spunti, allusioni e richiami alla vita quotidiana. L’opera goldoniana racchiude tutta la vita della Venezia e dell’Italia contemporanea, assumendo così la qualità di un modernissimo realismo. I borghesi assumono il ruolo centrale tra le varie classi sociali sulle scene goldoniane: nelle prime opere sono positivi, a partire dalla figura di Momolo, “uomo di mondo”. La maschera di Pantalone diventa immagine delle buone qualità del mercante veneziano. I nobili appaiono senza valori. I servi, conservando la schematicità della commedia dell’arte, si segnalano per la gratuita intelligenza. Una commedia esemplare è La famiglia dell’antiquario. Negli ultimi anni veneziani, le commedie cominciano ad andare in crisi. Ecco che le figure dei servi assumono un nuovo spazio, muovendo critica alla ragione borghese dei padroni. Il mondo popolare goldoniano, pieno di purezza e vitalità – qualità assenti in quello borghese -, si regge sugli stessi valori di quest’ultimo, ancora incontaminati.

Per Goldoni, una componente essenziale del mondo è l’amore. Questo sentimento presente sui giovani nelle scene è subordinato a regole sociali e familiari, sottostante alla reputazione e all’onore. La reticenza di Goldoni sulle sue avventure amorose raccontate nei Mémoires è presente anche nelle sue commedie. Per Goldoni il teatro ha una forte valenza istituzionale, è una struttura produttiva, retta da principi economici simili a quelli che regolano la vita del mondo. Questa forza porta la commedia goldoniana al di là della naturale rappresentazione della vita contemporanea. Goldoni ha una visione critica del mondo, in quanto turba l’equilibrio dei valori della vita delle classi sociali rappresentate. Tale visione va oltre le intenzioni dell’autore ed il modello della sua riforma. Nelle scene goldoniane si ha la sensazione di un’insanabile irrequietezza, che si sospende con il lieto fine tradizionale, sancito dai soliti matrimoni. I rapporti di questo mondo sono soltanto esteriori, sorretti dal principio della reputazione. Così Goldoni anticipa alcune forme del dramma borghese ottocentesco. Il segreto del comico goldoniano consiste nel singolare piacere del vuoto dello scambio sociale, dell’estraneità tra i personaggi dialoganti e della crudeltà di vita di relazione. Nel 1738, Goldoni scrisse la sua prima commedia, Il Momolo cortesan, seguita da Il prodigo, La bancarotta e La donna di garbo. Tali commedie costituiscono un concreto tentativo di regolamentazione della commedia. Le prime tre commedie contenevano parti recitate “a soggetto”, ma con limitazioni sempre più forti e parti scritte, nel tentativo di educare sia gli attori professionisti, sia il pubblico generico ad una commedia di carattere e di costume regolamentata nella sua forma. Tali commedie, in un secondo tempo, furono riscritte per intero. La donna di garbo, del 1743, è la prima commedia scritta in ogni sua parte e con veri caratteri.

Nonostante il successo della nuova commedia, il Goldoni, nel 1745, con Il servitore di due padroni, tornò al compromesso tra parti scritte e “a soggetto” ed alle maschere della commedia dell’arte, pur mantenendo l’apertura sulla realtà. Anche nella redazione completamente scritta del Servitore di due padroni (1753) il Goldoni conserva l’essenzialità della forma originale che sfrutta l’azione mimica e scenica, traducendola in un dialogo rapidissimo in cui le parole indicano il movimento, recuperando il meglio della commedia dell’arte per riproporlo nella commedia scritta organica nel suo ritmo di scena e nello studio sociale e personale dei caratteri dei personaggi. Nel 1748 scrisse La putta onorata e La buona moglie (continuazione della precedente) in cui compare un maggior impegno morale e sentimentale (a tratti lievemente retorico). Nelle due commedie la realtà è essenziale e meno pittoresca e supera decisamente il leggiadro gioco scenico del Servitore di due padroni. L’equilibrio è raggiunto ne La famiglia dell’antiquario (1749) in cui la situazione è ben determinata e ricca di riferimenti alla vita contemporanea (urto fra generazioni, tensione fra suocera e nuora di differente estrazione sociale: la giovane, figlia di un ricco mercante e la matura dama orgogliosa e sprezzante. La linea secondaria è giocata sulle figure dello sciocco antiquario e del suo servo truffatore). Tra il 1749 ed il 1750, Goldoni precisò la propria poetica e difese la propria consapevole opera di riforma. Nel prologo apologetico della vedova scaltra egli difende la propria originalità e la ricerca del naturale.

Il Teatro comico, fu la prima delle sedici nuove commedie promesse per il 1750. Ne Il bugiardo e ne La bottega del caffè il personaggio centrale è messo in evidenza dalla coralità dei personaggi minori che ne sottolineano la caratterizzazione. Le altre commedie del 1750 sono invece più ripetitive, farsesche o improntate a ricordi autobiografici. Quest’opera delinea il ritratto di una piazzetta veneziana, animata dalla presenza di una bottega di caffè e di altri locali che permettono ai personaggi un vivace gioco di entrate e di uscite. Questo movimento assume un significato opposto per i due personaggi principali: il caffettiere Ridolfo, uomo onorato, ed il nobile spiantato don Marzio. La vicenda si conclude con la vittoria del bene e l’espulsione di don Marzio dalla scena. Il capolavoro degli anni fra il 1750 ed il 1753, è La locandiera. Mirandolina, esuberante, complessa, affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, domina la commedia superando ogni ostacolo per fare a proprio modo, badare ai propri affari di locandiera, assicurandosi tranquillità, agi, reputazione e libertà. Gli altri personaggi, più semplici, ma ben individuati, fanno risaltare la figura della protagonista. La locandiera chiude una fase dell’arte goldoniana. Il Goldoni, in concorrenza con il Chiari produsse alcune tragedie romanzesche in versi, di tipo letterario ed accademico, anche se i risultati più felici del periodo sono le commedie, soprattutto Il campiello (in settenari più endecasillabi) del 1755, denotato dal realismo borghese, anche se eccessivamente pittoresco e dispersivo.