Cesare e i Bellovaci

Bellovaci, interfecto Correo, amisso equitatu et fortissimis peditibus, cum adventare Romanos existimarent, concilio repente convocato, conclamant legati obsidesque ad Caesarem mittantur. Hoc omnibus probato consilio, mittunt ad Caesarem legatos petuntque ut ea poena sit contentus hostium, quam si sine dimicatione inferre integris posset, pro sua clementia atque humanitate numquam profecto esset illaturus. Adflictas opes equestri proelio Bellovacorum esse; delectorum pedîtum multa milia interisse, vix refugisse nuntios caedis. Magnum tamen in tanta calamitate Bellovacos eo proelio commodum esse consecutos, quod Correus auctor belli concitator multitudinis esset interfectus; numquam enim senatum tantum (potuisse) in civitate illo vivo quantum imperitam plebem potuisse.
Haec orantibus legatis commemorat Caesar: eodem tempore superiore anno Bellovacos ceterasque Galliae civitates suscepisse bellum; pertinacissime hos ex omnibus in sententia permansisse neque ad sanitatem reliquorum deditione esse perductos. Scire atque intellegere se causam peccati facillime mortuis delegari. Neminem vero tantum pollere ut invitis principibus, resistente senatu, omnibus bonis repugnantibus, infirma manu plebis bellum concitare et gerere posset; sed tamen se contentum fore ea poena quam sibi ipsi contraxissent.

Maiorum Lingua

I Bellovaci, dopo l’uccisione di Correo, persa la cavalleria e i fanti più forti, pensando che stessero arrivando i Romani, convocata all’improvviso un’assemblea, inviati e ostaggi gridarono di essere mandati da Cesare. Dopo che tutti ebbero accettato questa decisione, inviarono a Cesare rappresentanti e chiesero che si accontentasse di questa punizione per i nemici, che se egli avesse potuto infliggere a loro illesi senza lottare, non avrebbe certamente mai inflitto in virtù della sua clemenza e generosità. Le risorse dei Bellovaci erano state distrutte durante la battaglia tra cavalieri; molte migliaia di fanti scelti erano morti, a stento gli annunciatori della strage avevano trovato rifugio. In una così grande disgrazia, tuttavia, i Bellovaci con quello scontro ottennero un grande vantaggio, cioè che Correo, promotore della guerra e istigatore della massa, era stato ucciso: mai il senato avrebbe potuto fare in città quando lui era vivo tanto quanto la plebe ignorante avrebbe potuto.
Agli inviati che gli domandavano questo Cesare ricordò che nello stesso periodo l’anno precedente i Bellovaci e le altre tribù della Gallia avevano intrapreso la guerra; questi nella maniera più ostinata tra tutti non avevano cambiato intenzioni ed erano stati spinti con la resa alla ragione come gli altri. Egli sapeva e capiva che la ragione dell’errore era ascritta con molta facilità ai morti. Nessuno invero aveva tanta forza da potere provocare e condurre una guerra contro la volontà dei capi, con l’opposizione del consiglio, con il netto rifiuto di tutti gli uomini onesti, con un debole schieramento eterogeneo; tuttavia, sarebbe stato contento di quella punizione che essi stessi si sarebbero imposti.