Cesare e la morte migliore

Pridie Idus Martias Caesar a Marco Lepido, amico suo, ad cenam vocatur. Ei confitetur se mox in Syriam profecturum esse, ut perficiat quod Crassus dimidium reliquerat: nam Crassus pugnans contra Parthos ceciderat. Lepidus et Sosia Caesarem monent: periculum est ne illic, exul, longe a patria et ab amicis, mortem inveniat. In sermonem tunc incidunt convivae, quisnam sit finis vitae commodissimus. Lepidus dicit se Romae mori velle, etiamsi sibi nece moriendum sit, cum contra Caesar neget optabilem esse mortem quae a civium manibus veniat. Cum Sosia in mulieris complexu, perinde ac si somnum capiat, se mori velle contendat, Caesar mortem repentinam inopinatamque praefert; nam, cum omnes ita vivant, quasi immortales sint, illa mors uno temporis puncto mortales angere potest. Inter omnes fere constitit talem Caesari mortem qualem desideraverat obtigisse.

Il giorno prima delle Idi di Marzo (14 Marzo) Cesare è invitato a cena da Marco Lepido, suo amico. Gli confida che presto partirà per la Siria per condurre a termine quello che Crasso aveva lasciato a metà: infatti Crasso era caduto combattendo contro i Parti. Lepido e Sosia ammoniscono Cesare: c’è pericolo che colà, esule, lontano dalla patria e dagli amici trovi la morte. Allora i convitati incappano nel discorso su quale mai sia la morte più desiderabile. Lepido dice di voler morire a Roma, quand’anche debba morire di morte violenta, mentre al contrario Cesare sostiene non essere desiderabile una morte che venga dalle mani dei concittadini. Mentre Sosia afferma di voler morire tra le braccia della moglie, come se prendesse sonno, Cesare preferisce una morte improvvisa e inaspettata; infatti, dal momento che tutti vivono così, come se fossero immortali, quella morte in un attimo può angustiare i mortali. Fu generalmente noto a tutti che a Cesare era toccata quella morte che aveva desiderato.