De Architectura, II, 1

Homines vetere more ut ferae in silvis et speluncis et nemoribus nascebantur ciboque agresti vescendo vitam exigebant. Interea quondam in loco ab tempestatibus et ventis densae crebritatibus arbores agitatae et inter se terentes ramos ignem excitaverunt, et eius flamma vehementi perterriti, qui circa eum locum fuerunt, sunt fugati. Postea re quieta propius accedentes cum animadvertissent commoditatem esse magnam corporibus ad ignis teporem, ligna adicientes et id conservantes, alios adducebant et nutu monstrantes ostendebant, quas haberent ex eo utilitates. In eo hominum congressu cum profundebantur aliter e spiritu voces, cotidiana consuetudine vocabula, ut obtigerant, constituerunt, deinde significando res saepius in usu ex eventu fari fortuito coeperunt et ita sermones inter se procreaverunt.

Vitruvio

Nell’antichità gli uomini nascevano come belve nelle foreste, nelle caverne e nei boschi e vivevano nutrendosi del cibo che raccoglievano nei campi. Poi, in qualche luogo, degli alberi folti, agitati da frequenti raffiche di vento, sfregando i rami l’uno contro l’altro, fecero scaturire il fuoco; allora tutti coloro che erano li vicino, atterriti dalle fiamme impetuose, fuggirono. Quando tutto tornò tranquillo, osarono avvicinarsi ed accorgendosi che il tepore del fuoco dava un gran beneficio ai loro corpi, aggiunsero legna per conservarlo; intanto chiamarono li altri uomini e a gesti fecero loro capire quanta utilità avrebbero potuto ricavare da questa scoperta. Durante quelle loro riunioni emettevano con la voce suoni diversi, arrivando poi, con l’uso quotidiano, a formare casualmente delle parole, con le quali indicavano gli oggetti di uso più frequente: cominciarono, insomma, in seguito a quel fortuito evento a parlare e così inventarono il linguaggio come loro mezzo di comunicazione.