De Cyri ortu et expositione

Astyages, Medorum rex, per somnium vidit a filia sua vitem enatam, cuius palmite omnis Asia obumbraretur. Consulti somniorum interpretes responderunt somnium nuntiare ex eadem filia nepotem nasciturum esse, regnumque Astyagis nepotem vi accepturum esse. Hoc responso exterritus, rex filiam suam Cambysi, mediocri viro, in matrimonium tradidit, ne nepos nobilis fieret. Sed ne hoc quidem modo somnii metum deposuit: gravidam ad se filiam arcessit, ut sub avi oculis partus necaretur. Natus infans datur occidendus Harpago, regis ministro. Harpago autem pastori regii pecoris puerum exponendum tradit. Forte eodem tempore et ipsi pastori natus filius erat. Eius igitur uxor, audita regii infantis expositione, summis precibus rogat sibi perferri ostendique puerum. Cuius precibus fatigatus, pastor, reversus in silvam, invenit iuxta infantem canem feminam parvulo ubera praebentem et a feris alitibusque’ defendentem. Motus et ipse misericordia, qua motam etiam canem viderat, puerum defert ad stabula, eadem cane anxie prosequente. Ubi in manum mulier puerum accepit, puer veluti ad notam ei adlusit; tantusque in infante vigor et dulcis risus apparuit, ut pastorem ultro rogaret uxor, suum partum pro illo exponeret, permitteretque sibi puerum nutrire. Atque ita, permutata sorte parvulorum, hic pro filio pastoris educatur, ille pro nepote regis exponitur.

Astiage, re dei Medi, durante un sogno vide che da sua figlia era germogliata una vite, dai cui tralci veniva ombreggiata tutta l’Asia. Gli interpreti dei sogni consultati risposero che il sogno annunciava che da quella figlia sarebbe nato un nipote, e il nipote avrebbe preso con la forza il regno di Astiage. Atterrito da questo responso, il re diede in moglie la propria figlia a Cambise, un uomo modesto, affinché il nipote non diventasse un nobile. Ma neppure in questo modo si liberò della paura del sogno: fece venire presso di sè la figlia incinta, affinché la prole fosse uccisa sotto gli occhi del nonno. L’infante, appena nato, fu consegnato ad Arpago, funzionario del re, affinché fosse ucciso. Ma Arpago consegnò il fanciullo, affinché fosse abbandonato, al pastore del bestiame del re. Per caso nel medesimo periodo anche allo stesso pastore era nato un figlio. Allora sua moglie, dopo aver appreso dell’abbandono del bambino del re, con vivissime preghiere chiese che il bambino le fosse portato e mostrato. Assillato dalle preghiere di costei, il pastore, ritornato nel bosco, trovò vicino al bimbo una cagna che offriva le poppe al piccolino e che lo difendeva dalle bestie selvagge e dagli uccelli. Mosso anche lui dalla compassione, da cui aveva visto che era stata intenerita anche la cagna, portò il fanciullino alle stalle, mentre la cagna lo seguiva ansiosamente. Quando la moglie prese in mano il bambino, il fanciullino giocò con lei come con un familiare; e si manifestò nell’infante tanta energia e un sorriso così dolce, che la moglie chiese spontaneamente al pastore di abbandonare il proprio neonato al posto di quello, e di permetterle di allevare il bambino. E così, cambiato completamente il destino dei piccolini, questo venne allevato al posto del figlio del pastore, quello venne abbandonato al posto del nipote del re.