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Dionigi il Vecchio

Dionysius tyrannus Syracusis regnabat et invisus erat populo totius Siciliae, quia accusabat multos viros falsorum flagitiorum («di falsi crimini», gen. di colpa), deinde eos damnabat custodiae apud Lautumias. Saevus tyrannus amabat scribere poemata, sed ea nulli viro placebant. Olim sua scripta claro poetae Philoxeno ostendit, sed Philoxenus ea contemnit. Tum Dionysius iratus poetam damnat custodiae apud Lautomias. Deinde tyrannus alia scribit et putat: “Nunc Philoxenus certe ea diliget”.Liberat poetam e custodia et dicit: “Nunc meos novos versus lege!”. Poeta suam sententiam confirmat, deinde addit: “Me mittes rursus ad Lautomias, cum aliis captivis, sed non desinam verum dicere”.

Il tiranno Dionigi regnava a Siracusa ed era odioso al popolo dell’intera Sicilia, poiché accusava molti uomini di falsi crimini, poi li condannava alla prigionia presso le Latomie. Il crudele tiranno amava scrivere poesie, ma non piacevano a nessun uomo. Un giorno mostra i suoi scritti al celebre filosofo Filosseno, ma Filosseno le disprezza. Allora Dionigi, adirato, condanna il poeta alla prigionia presso le Latomie. Poi il tiranno scrive altre cose e pensa: «Ora Filosseno le apprezzerà sicuramente». Libera il poeta dalla prigionia e dice: «Ora leggi i miei nuovi versi!». Il poeta conferma il proprio parere, poi aggiunge: «Mi manderai di nuovo nelle Latomie, con gli altri prigionieri, ma non smetterò di dire la verità».