Due ragazzi accusati a torto di parricidio e poi assolti per l’assurdità dell’accusa

Non multis ante annis aiunt quendam Tarracinensem, hominem non obscurum, cum ivisset cubitum (a dormire) in idem conclave cum duobus filiis, inventum esse mane iugulatum. Cum neque servus quisquam reperiretur, neque liber, ad quem ea suspicio pertineret (potesse ricadere), cum autem duo adulescentuli ne sensisse quidem se dicerent, filii de parricidio accusati sunt. Erat porro nemo in quem ea suspicio conveniret (si adattasse). Tamen, cum compertum esset adulescentes, aperto ostio, dormientes inventos esse, suspicione omni liberati sunt. Nemo enim putabat quemquam esse qui, cum omnia divina atque humana iura polluisset, somnium statim capere potuisset.

Ad Limina (2) – Pag.158

Si racconta che non molti anni fa un certo Tito Celio di Terracina, un personaggio di un certo rilievo, si coricò dopo cena nella stessa stanza con i suoi due giovani figli e che la mattina dopo fu trovato sgozzato. Poiché non si trovava né uno schiavo né un uomo libero che desse adito a sospetti e poiché i due figli di quell’età, che dormivano accanto a lui, dicevano di non essersi accorti di nulla, fu mossa contro di loro un’accusa di parricidio. Inoltre non c’era nessuno su cui si potesse appuntare il sospetto di quell’azione. Ciononostante, siccome i giudici appurarono che, quando fu aperta la porta, i figli erano stati trovati addormentati, i giovani furono assolti con formula piena. Nessuno infatti pensava che ci fosse qualcuno capace di prender sonno subito dopo aver calpestato ogni diritto umano e divino con un delitto infame.