È meglio per l’uomo non conoscere il proprio futuro

Ego non utilem arbitror esse nobis futurarum rerum scientiam. Quae enim vita fuisset Priamo, si ab adulescentia scisset eventus senectutis suae? Marcone Crasso rerum futurarum scientia utilis fuisset si scisset tum, cum maximis opibus fortunisque florebat, sibi trans Euphratem cum ignominia et dedecore esse pereundum, interfecto Publio filio exercituque deleto? An Cn. Pompeius tribus suis consulatibus, tribus triumphis, maximarum rerum gloria laetatus esset, si scisset se in solitudine Aegyptiorum trucidatum iri? Quo cruciatu animi vitam Caesar egisset, si divinasset se in senatu a nobilissimis civibus, partim etiam a se omnibus rebus ornatis, trucidatum iri? Certe igitur ignoratio futurorum malorum utilior est quam scientia.

Cicerone

Credo che non ci è utile la conoscenza degli eventi futuri. Infatti che vita avrebbe avuto Priamo, se avesse saputo dalla giovinezza gli eventi della sua vecchiaia? Sarebbe stata utile a Marco Crasso la conoscenza degli eventi futuri, se avesse saputo allora, quando brillava per grandissime ricchezze e fortune, di dover perire con vergogna e disonore al di là dell’Eufrate, dopo che il figlio Publio era stato ucciso e l’esercito annientato? O forse Gneo Pompeo si sarebbe rallegrato dei suoi tre consolati, dei (suoi) tre trionfi, della gloria di grandissime imprese, se avesse saputo che sarebbe stato trucidato nel deserto degli Egizi? Con quale tormento dell’animo Cesare avrebbe trascorso la vita, se avesse presagito che sarebbe stato ucciso in senato dai cittadini più nobili, in parte anche ornati da lui con ogni bene? Certamente dunque l’ignoranza dei mali futuri è più utile della (loro) conoscenza.