Esempi di coraggio

Quia tribuni plebis Saturnius et Equitius ac praetor Glaucia magnos seditionis motus in civitate excitabant, senator M. Aemilius Scaurus iam ipse ad rei publicae salutem capit, atque armatus ante Curiae fores stetit donec ictu saxi vulneratus est.
C. Caesar, quos acies sua porpter Nerviorum multitudem inclinabatur, rapuit scutum militi, qui admodum timide pugnabat, et strenue pugnare coepit: sic aciem restituit.
Q. Occius, qui ob fortitudinem suam Achilles cognominabatur, dum sub Q. Metello consule legatus in Hispania est, quia miles ei rettulerat: “A viro Celtibero provocatus es!”, statim a mensa surrexit – forte enim prandebat – cum Celtibero manus conseruit et eum interfecit. Caesius Scaeva, dum Caesaris legiones e navibus in Britanniam exeunt, rate ad scopulum litori proximum pervenit et ibi solus Britannorum impetum strenue sustinuit: eius femur sagitta transfixum (est) et scutum crebris foraminibus transfossum est. Denique Caesius in mare se marsit et, portquam nando ad litus pervenit, Caesaris veniam petivit, quod sine scuto redierat.

Poiché i tribuni della plebe Saturnino ed Equizio, e il pretore Glaucia sollevavano gravi disordini in Roma (in civitate), il senatore M. Emilio Scauro, oramai anziano, impugnò anch’egli le armi per difendere la patria (ad rei publicae salutem), ed armato (di tutto punto) si piazzò davanti alla porta della Curia, finché alfine (non) fu colpito da un sasso (lett. fu ferito dal colpo d’un sasso).
C. (Giulio) Cesare, poiché il proprio esercito ripiegava a causa del gran numero di Nervii (che attaccavano), strappò lo scudo ad un soldato, che stava combattendo con scarso coraggio (admodum timide), e prese (egli stesso) a combattere con ardimento: in tal modo, risollevò le sorti del suo esercito (propr. “aciem restituere” = riordinare le file dell’esercito).
Q. Occio, soprannominato “Achille” per il suo coraggio, mentre stazionava (est: presente narrativo) in Spagna come legato sotto il comando del console Metello, poiché un soldato gli aveva riferito – “Sei stato sfidato a duello da un Celtibero!” – s’alzò immediatamente dalla mensa – in quel frangente stava infatti mangiando – affrontò il Celtibero (lett. venne alle mani con il Celtibero) e lo uccise.
Cesio Sceva, mentre le legioni di Cesare sbarcavano (exeunt e navibus; presente narrativo) in Britannia, con una zattera si portò su uno scoglio molto vicino al litorale, e lì, da solo, sostenne con ardimento l’assalto dei Britanni: venne trapassato da una freccia ad una coscia (lett. il suo femore), e lo scudo venne crivellato in molti punti. Alla fine, Cesio si gettò in mare e, giunto a nuoto (nando) sulla battigia, chiese il perdono di Cesare, perché era tornato senza scudo.