Giove sottratto alla crudeltà di Saturno

lovi mater fuit Rhea, Saturni uxor. Saturnus autem filios suos crudeliter vorabat. Rhea igitur fidae ancillae lovem, vix natum (“appena nato”), secreto commendavit. Ancilla infantem asportavit atque Cretae in abdito antro, lato ac profundo, eum occultavit. Ibi multae nymphae habitabant: parvulum deum exceperunt et in cunabulis aureis eum collocaverunt. Divino infanti capra lac dedit et apes benignae mel ei confecerunt. Cotidie columbarum agmen e mari in speluncam advolabat et ambrosiam Saturni filio praebebat. Cotidie etiam magna aquila de montibus devolabat: avis sacra nectar, deorum dearumque potionem, infanti suppeditabat. Sic nymphae et animalia Iovem divinum nutriebant.

Giove ebbe come madre Rea, moglie di Saturno. Saturno divorava crudelmente i propri figli. Rea quindi, di nascosto, affidò Giove appena nato ad un’ancella fidata. L’ancella portò via il neonato sull’isola di Creta e lo nascose in una grotta recondita, larga e profonda. Là vivevano molte ninfe: accolsero il piccolo dio e lo misero in una culla d’oro. Una capra diede il latte al divino neonato e benevole api producevano miele per lui. Ogni giorno uno stormo di colombe volava dal mare nella grotta e offriva ambrosia al figlio di Saturno. Ogni giorno anche una grande aquila volava giù dai monti: il sacro uccello forniva all’infante il nettare, bevanda degli dei e delle dee. Così ninfe e animali allevavano il divino Giove.