Gli schiavi a Roma

Post Punica bella et alias victorias in Italia, Lybia, Graecia et Hiberia, multi captivi Romam ducuntur: Romani captivos et captivorum liberos servos faciunt, ergo multi servi Romae sunt. Mancipia agros plerumque colunt vel dominos in negotiis et officiis adiuvant; at servi, qui Athenis veniunt, saepe litterati et docti sunt: itaque paedagogi vel magistri a Romanis adhibentur. Saepe dominus servos magna cum clementia tractat; sed, si servus culpam committit, ligno vel ferula a domino severe castigatur. Interdum servi a dominis manumittuntur et ideo “liberti” vocantur; dominus, autem, “patronus” vocatur. Libertus liber vir est: tamen operas suas patrono praestare debet, et magna reverentia et magno obsequio cum patrono iungitur.

Grammatica Picta (1) – Pag.84 n.4

Dopo le guerre Puniche ed altre vittorie in Italia, in Libia, in Grecia e in Iberia, molti prigionieri sono condotti a Roma: i Romani rendono schiavi i prigionieri ed i figli dei prigionieri, quindi a Roma ci sono molti schiavi. Gli schiavi, per lo più, coltivano i campi, oppure aiutano i padroni negli affari e nelle incombenze; gli schiavi, tuttavia, i quali arrivano da Atene, sono spesso letterati ed eruditi: pertanto essi sono impiegati dai Romani come pedagoghi o come maestri. Spesso il padrone tratta gli schiavi con grande clemenza; ma, se lo schiavo commette una mancanza, è severamente punito dal padrone per mezzo del bastone o della sferza. Talvolta gli schiavi sono resi liberi dai padroni, e perciò sono chiamati “liberti”; il padrone, invece, è chiamato “patrono”. Il liberto è un uomo libero: tuttavia, deve fornire al patrono i suoi servigi, ed è legato con il patrono da grande rispetto e da grande ubbidienza.