Ho scritto per giovare a molti

Cum saepe mecum ageres ut de amicitia scriberem aliquid, digna mihi res cum omnium cognitione, tum nostra familiaritate visa est. Itaque feci non invitus, ut prodessem multis rogatu tuo. Sed, ut in Catone Maiore, qui est scriptus ad te de senectute, Catonem induxi senem disputantem, quia nulla videbatur aptior persona, quae de illa aetate loqueretur, quam ille, qui et diutissime senex fuisset et in ipsa senectute praeter ceteros floruisset; sic, cum accepissemus a patribus maxime memorabilem fuisse C. Laelii et P. Scipionis familiaritatem, idonea mihi Laelii persona visa est, quae de amicitia ipsa dissereret. Hoc genus sermonum positum in hominum veterum auctoritate est; itaque ipse mea opera legens, sic adficior interdum ut Catonem, non me loqui existimem.

Maiorum Lingua

Poiché pensavo spesso tra me di scrivere un’opera sull’amicizia, la cosa mi è parsa degna non solo di essere conosciuta da tutti, ma anche della nostra consuetudine. Così feci in modo non controvoglia di essere utile a tutti su tua richiesta. Ma come nel Cato Maior, il tuo scritto riguardante la vecchiaia, ho rappresentato il vecchio Catone discutere, poiché non mi sembrava esistesse nessun personaggio adatto a parlare della giovinezza più di colui il quale fu assai a lungo anziano e fiorì nella vecchiaia stessa oltre altri uomini; così, avendo appreso dai nostri padri che l’amicizia di Lelio e Scipione fu particolarmente oggetto di ricordo, il personaggio di Lelio mi è sembrato adatto a discutere sull’amicizia stessa. Questo genere di dialoghi è basato sull’autorevolezza degli uomini del passato; così io, leggendo di persona la mia opera, sono talvolta tentato di dire che è Catone, non io a parlare.