I decemviri e le dodici tavole

Decemviri pro consulibus, ceteris, ceteris magistratibus abrogatis, facti sunt altero et trecentesimo anno quam Roma condita erat. Sic ab consulibus ad decemviros imperium translatum est. Cum decemviri bene in eo honore se gessissent, decem tabulis legum scriptis, imperium eorum in annum prorogatum est. Duabus tabulis ad decem adiectis, magistratum noluerunt deponere et in tertium annum retinuerunt, donec inviso eorum imperio facto finem attulit Appi Claudi libido. Qui, amore suit. Qui, ablato ex taberna proxima cultro, filiam occidit, cum aliter efficere non posset ne in potestatem Appi, stuprum illaturi, veniret. Hoc tantae iniuriae exemplo spectato, plebs in montem Aventinum secessit coegitque decemviros abdicare se magistratu. Appio, qui praecipuam poenam meruerat, in carcerem coniecto, ceteri in exilium acti, ex urbe abierunt.

Ad Limina (2) – Pag.188

I decemviri furono creati al posto dei consoli, soppresso ogni altro magistrato, trecento e un anno dopo la fondazione di Roma. Così il potere fu trasferito dai consoli ai decemviri. Poiché i decemviri si comportarono bene in quell’incarico, dopo aver scritto dieci tavole di leggi, la loro carica fu prorogata di un anno. Aggiunte due tavole alle dieci, non vollero deporre la carica e la mantennero per tre anni, finché la libidine di Appio Claudio non pose fine alla loro odiata dominazione. Il quale, acceso d’amore per la vergine Virginia, impose al padre Virginio l’obbligo di proteggere la figlia. Che, preso un coltello da una vicina taverna, uccise la figlia, non potendo ottenere diversamente che (la figlia) venisse in potere di Appio, che l’avrebbe stuprata. La plebe, dopo aver osservato un tale esempio di sfrenata lussuria, si ritirò sul monte Aventino e costrinse i decemviri a dimettersi dalla carica. Gettato in prigione Appio, che aveva meritato la pena maggiore, mandati gli altri in esilio, si allontanarono dalla città.