I Romani e la provincia di Sicilia

P. Africanus, Carthagine deleta, Siculorum urbes signis monumentisque pulcherrimus exornavit, ut, quos victoria populi Romani maxime laetari arbitrabatur, apud eos monumenta victoriae plurima collocaret. Denique ille ipse M. Marcellus, cuius in Sicilia vitutem hostes, misericordiam victi, fidem ceteri Siculi perspexerunt, non solum sociis eo bello consuluit, verum etiam superatis hostibus temperavit. Urbem pulcherrimam, Syracusas, cum vi consilioque cepisset, non solum incolumen passus est esse, sed ita reliquit ornatum, ut esset idem monumentum victoriae, mansuetudinis, continentiae, cum homines viderent et quid expugnasset et quibus pepercisset et quae reliquisset. Tantum ille honorem habendum (esse) Siciliae putavit, ut ne hostium quidem urbem ex sociorum insula tollendam arbitraretur. Itaque ad omnes res Sicilia provincia usi sumus ut, quidquid ex sese posset efferre, id non apud eos nasci, sed domi nostrae conditum iam putaremus. Quando illa frumentum, quod deberet, non ad diem dedit? Quando id, quod opus esse putaret, non ultro pollicita est? Itaque ille M. Cato sapiens cellam penariam rei publicae, nutricem plebis Romanae Siciliam nominabat.

Cicerone

Publio l’Africano, distrutta Cartagine, ornò le città sicule con statue e monumenti assai belli, per collocare numerosissime testimonianze di vittoria presso coloro che credeva massimamente gioissero della vittoria del popolo romano. In seguito quello stesso M. Marcello, del quale in Sicilia i nemici riconobbero chiaramente il valore, i vinti la misericordia, gli altri Siculi la lealtà, non solo in quella guerra provvide agli alleati, ma risparmiò i nemici vinti. Avendo preso con la forza e l’abilità Siracusa, città assai illustre, non solo consentì che restasse sana e salva, ma la lasciò adorna così che fosse testimonianza nello stesso tempo di vittoria, mansuetudine, moderazione, vedendo gli uomini e che cosa avesse espugnato e chi avesse risparmiato e quali cose avesse lasciato. Tanto egli giudicò che si dovesse rendere onore alla Sicilia che ritenne che neppure una città dei nemici dovesse essere tolta di mezzo dall’isola degli alleati. E ci servimmo della provincia della Sicilia presso tutte le cose così che ritenemmo che qualunque cosa si potesse manifestare da sé , quella non nasceva presso quelli, ma era stata costruita nella nostra patria. Quando quella non consegnò il frumento, che doveva, al giorno stabilito? Quando non offrì spontaneamente ciò che reputava fosse necessario? Perciò il famoso saggio Catone denominava la Sicilia granaio dello stato, nutrice del popolo romano.