I vecchi, con il loro senno, sono il sostegno dello Stato

Quam palmam utinam di immortales, Scipio, tibi reservent, ut avi reliquias persequare! cuius a morte tertius hic et tricesimus annus est, sed memoriam illius viri omnes excipient anni consequentes. Anno ante me censorem mortuus est, novem annis post meum consulatum, cum consul iterum me consule creatus esset. Num igitur, si ad centesimum annum vixisset, senectutis eum suae paeniteret? Nec enim excursione nec saltu nec eminus hastis aut comminus gladiis uteretur, sed consilio, ratione, sententia; quae nisi essent in senibus, non summum consilium maiores nostri appellassent senatum. Apud Lacedaemonios quidem ei, qui amplissimum magistratum gerunt, ut sunt, sic etiam nominantur senes. Quod si legere aut audire voletis externa, maximas res publicas ab adulescentibus labefactatas, a senibus sustentatas et restitutas reperietis.

Esperienze di traduzione – Pag.166 n.6 – Cicerone

Vogliano gli dei immortali, o Scipione, riservarti questa palma, perché tu possa portare a termine l’impresa lasciata incompiuta di tuo nonno [Scipione l’Africano]! Dalla sua morte sono passati trentatré anni, ma tutti gli anni a venire serberanno il ricordo di quell’uomo. Morì l’anno prima che io divenissi censore, nove anni dopo il mio consolato e fu eletto console per la seconda volta mentre io ero console. Forse che se fosse vissuto fino a cento anni si sarebbe rammaricato della sua vecchiaia? Certo non avrebbe praticato la corsa, il salto, né il lancio del giavellotto o il corpo a corpo con le spade, ma il senno, l’intelletto, la capacità di giudizio. Se queste qualità non fossero presenti nei vecchi, i nostri antenati non avrebbero chiamato “senato” il supremo consesso. Inoltre presso gli Spartani coloro che reggono il più elevato magistero, come sono, così sono detti “anziani”. Se poi volete leggere o ascoltare la storia delle nazioni straniere, troverete che grandissimi Stati, mandati alla rovina dai giovani, dai vecchi sono stati sostenuti e rimessi in sesto.