Il corvo e i pavoni

Melius est suis moribus vitam degere, neque alienis bonis se iactare. Antiquis temporibus Aesopus mirum exemplum fabella dedit. Graculus, inani superbia tumens, sustulit multicolores pennas, quae eleganti pavoni deciderant, atque pulchris pennis corpus suum ornavit. Deinde, contemnens similes suos, cum formosi pavonibus manebat. Pavones, postquam impudenti avi pinnas eripuerant, graculum rostris fugaverunt. Male mulcatus graculus ad genus suum maerens remeavit, sed repulsus est. Nam ceteri graculi, quos antea despexerat, dixerunt: «Quia contentus donis quae Natura tibi dederat non fuisti, contumeliam et repulsam cognovisti».

Grammatica Picta (1) – Pag.204 n.16

E’ meglio trascorrere la vita secondo i propri costumi e non vantarsi per i beni altrui. Nei tempi antichi Esopo, per mezzo di una favola, fornì un esempio straordinario. Un corvo, gonfio di futile presunzione, raccolse le penne variopinte che erano cadute ad un elegante pavone, e decorò il proprio corpo con le belle penne. Poi, disdegnando i propri simili, restava insieme ai bei pavoni (formosis). I pavoni, dopo aver strappato le penne all’uccello sfacciato, con i becchi misero in fuga il corvo. Conciato male, il corvo ritornò lamentandosi presso la sua specie, ma venne scacciato. Infatti tutti gli altri corvi, che prima aveva disdegnato, dissero: Poiché non fosti contento dei doni che la Natura ti aveva dato, hai imparato l’umiliazione e l’esclusione.