Il pastore e il satiro

Pastor in misera casa cum uxore sua vivebat; amicitiam cum satyro contraxerat et die hiemali ad cenam eum (= lo, ogg.) invitavit. Tota planities glacie rigebat. Quoniam etiam in pastoris casa acre frigus erat, vir, manibus ad os admotis, adflare coepit. Tum satyrus quaesivit: «Cur flatum ita ex ore emittis?». Respondit pastor: «Manus meae gelidae sunt: ideo eas (= le, ogg.) calefacio». Postea pastoris uxor fumantem sorbitionem in mensa posuit et, quod nimis calida erat, pastor eam (= la, ogg.) ad os admovit ligula et adflavit, deinde edit. Tum rursus satyrus pastorem interrogavit: «Cur ita agis?». Pastor respondit: «Cibum refrigero, quia nimius calor gustatui displicet et ori stomachoque nocet». Tum satyrus: «Rem miram profecto facis, quoniam eodem (= con il medesimo) flatu frigida calefacis et calida refrigeras!».

Un pastore viveva con sua moglie in una misera capanna; aveva stretto amicizia con un satiro e in un giorno d’inverno lo invitò a cena. L’intera pianura era gelata per il ghiaccio. Poiché anche nella capanna del pastore c’era un freddo pungente, l’uomo, avvicinate le mani alla bocca, cominciò a soffiare. Allora il satiro chiese: «Perché emetti così il fiato dalla bocca?». Rispose il pastore: «Le mie mani sono gelate: perciò le riscaldo». Poi la moglie del pastore pose sulla tavola una zuppa fumante e, poiché era troppo calda, il pastore l’avvicinò il cucchiaio alla bocca e soffiò, poi mangiò. Allora il satiro interrogò nuovamente il pastore: «Perché fai così?». Il pastore rispose: «Raffreddo il cibo, poiché il calore eccessivo dispiace al gusto e nuoce alla bocca e allo stomaco». Allora il satiro: «Fai certamente una cosa straordinaria, poiché con il medesimo fiato riscaldi le cose fredde e raffreddi quelle calde!».