Il Senato di fronte all’ultimatum di Cesare

Litteris C. Caesaris consulibus redditis aegre ab his impetratum est summa tribunorum plebis contentione, ut in senatu recitarentur; ut vero ex litteris ad senatum referretur, impetrari non potuit. Referunt consules de re publica [in civitate]. [Incitat] L. Lentulus consul senatu rei publicae se non defuturum pollicetur, si audacter ac fortiter sententias dicere velint; sin Caesarem respiciant atque eius gratiam sequantur, ut superioribus fecerint temporibus, se sibi consilium capturum neque senatus auctoritati obtemperaturum: habere se quoque ad Caesaris gratiam atque amicitiam receptum. In eandem sententiam loquitur Scipio: Pompeio esse in animo rei publicae non deesse, si senatus sequatur; si cunctetur atque agat lenius, nequiquam eius auxilium, si postea velit, senatum imploraturum.

Esperienze di traduzione – Pag.211 n.1 – Cesare

Consegnata ai consoli la lettera di C. Cesare, da questi si ottenne a stento, con il massimo sforzo dei tribuni della plebe, che essa fosse letta in senato; però non si riuscì ad ottenere che dalla lettera venisse fatta al senato una relazione ufficiale. I consoli riferirono a proposito della situazione politica in città. Il console Lucio Lentulo promette che il suo appoggio allo Stato e al senato non verrà meno, qualora vogliano esporre i loro pareri con audacia e forza; qualora invece tengano in considerazione Cesare e inseguano il suo favore, come avevano fatto tempi addietro, egli avrebbe preso una decisione per sé e non avrebbe ubbidito alla volontà del senato; anche lui ha la possibilità di riacquistare il favore e l’amicizia di Cesare. Scipione parla nello stesso senso: Pompeo ha in mente di non venire meno allo Stato, qualora il senato lo assecondi; (ma) qualora il senato indugi e agisse in modo troppo blando, avrebbe implorato invano il suo aiuto, se in futuro lo desiderasse.