Il terribile giuramento di Annibale

‘Pater meus’ inquit ‘Hamilcar puerulo me, utpote non amplius VIIII annos nato, in Hispaniam imperator proficiscens Carthagine, Iovi Optimo Maximo hostias immolavit. Quae divina res dum conficiebatur, quaesivit a me, vellemne secum in castra proficisci. Id cum libenter accepissem atque ab eo petere coepissem, ne dubitaret ducere, tum ille faciam, inquit si mihi fidem, quam postulo, dederis.’ Simul me ad aram adduxit, apud quam sacrificare instituerat, eamque ceteris remotis tenentem iurare iussit numquam me in amicitia cum Romanis fore. Id ego ius iurandum patri datum usque ad hanc aetatem ita conservavi, ut nemini dubium esse debeat, quin reliquo tempore eadem mente sim futurus. Quare, si quid amice de Romanis cogitabis, non imprudenter feceris, si me celaris’.

Nexus – Pag.137 – Cornelio Nepote

“Mio padre”, disse, “Amilcare, essendo io bambino, nato da non più di nove anni, recandosi da Cartagine in Spagna come comandante, immolò le vittime a Giove Ottimo Massimo. E mentre quel rito sacro si compiva, chiese a me se volessi partire con lui verso gli accampamenti. Avendo io accettato volentieri ed avendo cominciato a chiedergli di non dubitare a condurmi, allora egli lo farò”, disse, “se mi avrai fatto la promessa, che esigo. Subito mi condusse all’altare, presso cui aveva deciso di sacrificare e, allontanati gli altri, ordinò che tenendola giurassi che io non sarei mai stato in amicizia con i Romani. Io, quel giuramento fatto al padre, l’ho conservato fino a questa età così, che per nessuno ci sia il dubbio che per il tempo restante io sia destinato ad essere dello stesso parere. Perciò se penserai qualcosa amichevolmente sui Romani, non avrai agito imprudentemente, se me lo nascondi”.