Jean-Baptiste Poquelin Molière

Jean-Baptiste Poquelin, questo il suo vero nome, nacque a Paris il 15 gennaio 1622 (data di battesimo), da Jean Poquelin e Marie Cressé, sposatisi l’anno precedente e appartenenti a due agiate famiglie di mercanti e di tappezzieri. Studiò tra il 1631 e il 1639 nel celebre Collège de Clermont, gestito dai gesuiti e frequentato da nobili e ricchi borghesi. Seguì poi corsi di diritto a Orlé ans , per qualche tempo fece l’avvocato pur conservando il titolo di “tappezziere del re” che il padre gli aveva trasmesso (secondo il rito, aveva prestato giuramento nel 1637 per poter ereditare la carica). I suoi interessi lo portarono presto al teatro: negli anni in cui Tiberio Fiorilli, il celebre Scaramuche, è a Paris (1640), fa in tempo a conoscerlo. Nel 1643, con la famiglia Bé jart, fondò l’Illustre Thé atre: l’insuccesso costrinse la compagnia, di cui era primadonna Madeleine Bé jart, sua amante, a lasciare Paris. Il 6 gennaio 1643 rinuncia formalmente a subentrare nella carica paterna, in febbraio nasce Armande Bé jart figlia di Madeleine, che sposerà Molière nel 1662, il 30 giugno è la firma dell’atto di costituzione dell’illustre Thé atre: insieme a Molière sono anche i fratelli di Madeleine e altri nove attori, Madeleine Bé jart è la prima attrice e la sola ad aver diritto alla scelta delle parti. Seguirono lunghi anni di peregrinazioni in provincia.

Il debutto a Parigi l’1 gennaio 1644, sotto la protezione di Gastone d’Orléans, non ha molto successo; il 28 giugno 1644 è il primo documento in cui Jean-Baptiste Poquelin si firma in cartellone come “de Molière”: significato e origine dello pseudonimo sono sconosciuti, ma figura al primo posto della compagnia. In dicembre la compagnia si trasferisce dal Jeu de Paume des Mé tayers al più centrale Jeu de Paume de la Croix-Noire [oggi Quai des Cé lestins]. Il 2 agosto 1645 Molière finisce in prigione per due fatture non pagate, la compagnia si scioglie, Molière esce di prigione e entra a far parte con i fratelli Béjart della compagnia di Dufresne (protetta dal duca d’Epernon). Tra il 1645 e il 1658 gira la provincia francese. Nel 1653 la compagnia, forte anche dei nomi di René Du Parc, di Thérèse de Gorla, di Catherine Leclerc e di Villequin De Brie, passa sotto la protezione del Principe di Conti: nel 1655 questi si convertirà, proibirà alla compagnia di fregiarsi del suo nome e diverrà uno dei più accaniti avversari di Molière. Il 24 ottobre 1658 rientrò a Paris, interpretò davanti alla corte (nella Sala delle Guardie del vecchio Louvre) il “Nicomede” di Corneille con scarso successo, insieme a una sua farsa, “Il dottore innamorato” (il testo ci è ignoto), che ebbe molto successo e lo impose come attore comico, e il permesso di usare la sala del Petit-Bourbon in coabitazione con la compagnia italiana di Tiberio Fiorilli, con la protezione del duca d’Orlé ans.

E’ una coabitazione forzata e minoritaria: la compagnia di Fiorilli recitava nei giorni “ordinari”, cioè domenica martedì e venerdì , lasciando alla compagnia di Molière gli altri giorni. La compagnia però può fregiarsi del titolo di “troupe de Monsieur, frère unique du Roi”, e a 300 franchi di pensione (che non gli verranno mai dati). Il successo della compagnia è modesto quando si esibisce nel repertorio tragico, mentre successo hanno le commedie. Il successo provoca la gelosia delle compagnie rivali dell’Hotel de Bourgogne e del Thé atre du Marais, nascono libelli e parodie, la compagnia di rinforza con nuovi giovani attori (Lagrange e Du Croisy). Nel 1660 Molière si riconcilia con il padre e rientra in possesso del diritto di subentrargli nella carica a corte. Nell’ottobre 1660, in seguito alla demolizione del Petit-Bourbon per l’ampliamento del Louvre, la compagnia passa alla sala del Palais-Royal, piccola e male equipaggiata, che assunse il nome di Thé atre du Palais-Royal (prima si chiamava Salle Richelieu). L’insuccesso della commedia drammatica “Dom Garcia di Navarra ovvero Il principe geloso”, su cui Molière puntava per dimostrare le sue doti di attore e autore drammatico, lo portano a scegliere definitivamente il teatro comico. Realizza delle rappresentazioni per le feste organizzate in onore del re – come i “Seccatori”, scritto e allestito in 15 giorni nel castello di Fouquet a Vaux, per la grande festa del 17 agosto 1661 organizzata da Fouquet in onore del re. Nel 1662 sposò la diciannovenne Armande Béjart, non sappiamo se figlia o sorella minore di Madeleine.

Il matrimonio non risultò felice: i nemici parlarono di unione incestuosa, mentre la ragazza si rivelò decisamente infedele. Il contratto di matrimonio viene stipulato il 23 gennaio, mentre le nozze sono celebrate nella chiesa di Saint-Germain l’Auxerrois, a Paris, il 20 febbraio. Protetto dal re, amato dal pubblico, perseguitato dagli invidiosi ma anche dai “devoti”, scrisse un capolavoro dietro l’altro. Il successo de “La scuola delle mogli” provoca polemiche e grosse reazioni. L’1 gennaio 1663 Boileau scrive le “Stanze” contro i detrattori di Molière e contro coloro che lo accusano di immoralità. Il 17 marzo 1663 Louis XIV gli assegna 1000 franchi di pensione (mai corrisposti) “per l’eccellenza della sua poesia comica”. Molière scrive i 102 versi di “Ringraziamento al Re”. In occasione della prima della “Critica della Scuola delle mogli” (1 giugno 1663), Molière viene aggredito e percosso in strada dal cavaliere d’Armagnac. Si moltiplicano le commedie anti-molèriane: “Zelinda ovvero La veritiera Critica della Scuola” (agosto 1663) in cui Donneau de Visé accusa Molière di empietà; “Il ritratto del pittore” (ottobre 1663) di Boursault all’Hotel de Bourgogne, in cui Molière è satireggiato come un marito cornuto. Alla “Improvvisata di Versailles” di Molière gli avversari rispondono con “La vendetta del marchese” di Donneau de Visé e con “L’improvvisata dell’Hotel de Condé ” di Motfleury jr, in cui si accusa Armande Béjart di essere figlia di Molière.

Nel 1664 nasce un figlio maschio, battezzato il 28 febbraio con padrini il re e laregina, ma muore il 10 novembre dello stesso anno. In occasione dei “Piaceri dell’isola incantata”, la grande festa di più giorni che il re offrì nel maggio 1664 alla corte, Molière fa rappresentare la commedia galante “La principessa d’Elide”, e recita di fronte al re i primi tre atti del “Tartuffo”: la Confraternita del Santo Sacramento sostenuta dalla Regina madre, si oppone e ottiene dal re la proibizione della commedia ancora incompiuta. Il 4 agosto Molière la legge al cardinale Chigi, legato pontificio, che gli dà la sua approvazione: il 31 agosto Molière rivolge una prima istanza per l’autorizzazione a rappresentare la commedia, ma senza risultato. Nel 1665 la compagnia ebbe il diritto di chiamarsi “troupe du Roi” (compagnia reale), la pensione di Molière viene portata a 6000 franchi. Gli nasce, il 3 agosto 1665 una figlia (Esprit-Madeleine, che morrà nel 1723 senza discendenti). Nel gennaio 1666 una grave malattia lo tiene lontano dalle scene per tre mesi. Tra alti e bassi (il successo del “Medico suo malgrado”, l’insuccesso del “Misantropo”), continua la lotta per far rappresentare “Tartuffo”: l’8 novembre 1665 la prima rappresentazione della commedia completa, in privato, nel palazzo della Principessa Palatina; il 5 agosto 1667 la rappresentazione pubblica con il titolo “L’impostore”, che però viene vietato il giorno dopo dal presidente del Parlamento; l’8 agosto 1667 una seconda istanza di Molière che gli attori La Thorillière e La Grange consegnano al sovrano nel suo accampamento nelle Fiandre, senza successo; il 5 febbraio 1669 terza istanza finalmente con esito positivo: la commedia viene rappresentata la sera stessa, con grosso successo di pubblico.

Molière continua a scrivere e a rappresentare, e a ricevere le accuse degli avversari: nel gennaio 1670 un anonimo scrive la satira scenica “Elomire Ipocondriaco” in cui Molière, sotto anagramma, viene trattato da malato immaginario e nevrastenico. Il 15 settembre 1672 nasce il terzo figlio di Molière, Pierre-Jean- Baptiste-Armand (muore dopo 25 giorni). Il 17 febbraio 1673 Molière muore, colto in scena da un malore durante la quarta replica della sua ultima opera, “Il malato immaginario”. Accompagnato a casa, muore “verso le dieci di sera”. Il re ottiene dall’arcivescovo di Paris l’autorizzazione a seppellirlo in terra consacrata, benché sia morto senza rinnegare la propria professione di attore (gli attori erano scomunicati dalla chiesa cattolica del tempo): l’inumazione avviene di notte e senza sacerdoti, il 21 febbraio. Il 21 marzo gli attori della compagnia di Molière si uniranno con quelli del Thé atre du Marais, e trovano una nuova sede all’Hotel de Gué né gaud (la sala del Palais-Royal è data dal re a Lulli per la sua Accademia Reale di musica), e nel 1680 la nuova compagnia si unirà a quella dell’Hotel de Bourgogne per formare la nuova Comé die-Franç aise. Del periodo che precede il ritorno di Molière a Paris ci sono rimasti solo i titoli di alcune farse e due commedie (Lo stordito, Il dispetto amoroso). Modello di queste opere è la commedia dell’arte, con i suoi lazzi e la gaiezza travolgente, rielaborazioni di opere di repertorio: La gelosia del Barbouillé , e Il medico volante sono le due sole farse attribuibigli con sicurezza; Lo stordito ovvero i Contrattempi fu rappresentata a Lione nel 1655, cinque atti in versi la cui trama si ispira all’ “Inavvertito” dell’italiano Beltrame (1629). Il dispetto amoroso, cinque atti in versi, fu rappresentata a Bé ziers nel 1656 e si ispira all’ “Interesse” di Secchi (1585). Con Le preziose ridicole (Les pré cieuses ridicules) Molière inaugurò , il 18 novembre 1659, la sua trionfale carriera di autore.

Dopo una serie di commedie di vario genere, nel 1662 è il suo primo capolavoro, La scuola delle mogli (L’é cole des femmes), rappresentato per la prima volte il 26 dicembre 1662 e che in tre settimane ebbe un incasso di ben 11.000 franchi (fu poi stampato nel 1663 con frontespizio inciso da F. Chauveau). Molière riprende e approfondisce la commedia, scritta un anno prima “La scuola dei mariti” (L’é cole des maris, 1661), sfrondandone gli effetti comici e creando una commedia di carattere. Si tratta di cinque atti in versi. Per Arnolphe non può capitare a un uomo maggiore disgrazia che essere tradito dalla moglie. Come spiega all’amico Chrysalde, vuole sposare Agnès che egli ha fatto allevare nella più completa ignoranza in un convento. Ma Horace, figlio del suo amico Oronte, appena arrivato in città si innamora della candida Agnès. Arnolphe è costretto, fremendo, a subire tutte le confidenze del giovane che non sa che è proprio Arnolphe a tenere Agnès sotto chiave. Vanificati gli sforzi per impedire che Agnès incontri Horace, appreso da Agnès che è innamorata di Horace, Arnolphe vede la propria sconfitta definitiva quando il padre di Agnès torna dall’America e la dà in sposa a Horace. Forte del consenso del pubblico e della corte, Molière risponde alle critiche e agli attacchi personali, incoraggiati anche dal teatro rivale dell’Hô tel de Bourgogne, con due atti unici del 1663: La critica alla scuola delle mogli (La critique de l’é cole des femmes) e L’improvvisazione di Versailles (L’impromptu de Versailles).

In quest’ultimo atto unico Molière fa teatro nel teatro: mette in scena sé stesso e la sua compagnia nel corso di una finta prova, dichiara le sue idee sull’arte drammatica, imperniate sull’dea di verità e naturalezza nella recitazione e su una sola regola fondamentale: divertire. Abbozza quella “commedia degli attori” (comé die des comé diens) cui da tempo pensava. Nel 1664 le polemiche raggiusero l’apice con la presentazione del Tartufo (Tartuffe), avvenuta in occasione dei festeggiamenti per l’inaugurazione di Versailles, per cui Molière aveva già fornito due commedie-balletto che erano state musicate da Lulli (Il matrimonio forzato, La principessa di Elide). Tartufo, protagonista di questa commedia in cinque atti, è un falso devoto entrato nelle grazie di Orgon e di sua madre Madame Pernelle: spadroneggia così in casa del suo benefattore. Sordo alle proteste della moglie Elmire e degli altri membri della famiglia, Orgon gli vorrebbe far sposare la figlia. caccia di casa il figlio Damis che gli rivela come Tartufo abbia cercato di sedurre Elmire, e dona al supposto sant’uomo tutti i suoi averi. Elmire convince suo marito a nascondersi sotto una tavola, mentre lei fingerà di corrispondere all’amore di Tartufo. Orgon scopre così la lussuria, l’ingratitudine e l’ipocrisia del suo protetto. Scoperto, Tartufo cerca di usare la donazione per impadronirsi dei beni di Orgon, ma è riconosciuto dalla giustizia che lo ricercava da tempo, e viene così arrestato. L’intervento della potente Compagnie du Siant Sacrement de l’Autel, dell’arcivescovo di Paris e della stessa madre di Luigi XIV portò alla proibizione della commedia, che solo nel 1669 potè essere rappresentata liberamente. Anche una seconda versione, presentata nel 1667, con il titolo di Panulphe o l’Impostore, per quanto mitigata nelle punte più aspre della sua critica contro la falsa devozione, fu interdetta.

Costretto a riparare al divieto, Molière scrisse in breve tempo il Don Juan o il convito di pietra (Dom Juan ou le festin de pierre), amara e risoluta satira del “gentiluomo malvagio”, anche lui come Tartufo ipocrita e “falso devoto”. L’opera teatrale fu rappresentata per la prima volta il 15 febbraio 1665 nella sala del Palais-Royal. Dopo “L’amore medico” (L’amour mé dicin) è un altro capolavoro, Il misantropo (Le misanthrope, 1666). Commedia in cinque atti, in versi. Il misantropo è Alceste, un giovane che detesta la menzogna e ogni forma di compromesso. Rimprovera all’amico Philinte la sua mondanità, giudica pessimo un sonetto di Oronte inimicandoselo, ha in corso un processo ma non fa pressioni per ottenere un verdetto favorevole. Innamorato di una giovane donna civetta e maldicente, Cé limène, le rimprovera l’umore volubile e la leggerezza con cui accetta la corte di molti spasimanti, ma lei riesce sempre a eludere i suoi rimproveri. Nonostante la sua innocenza, Alceste perde il processo, e decide di ritirarsi dalla società. Chiede a Cé limène di seguirlo. La donna tergiversa quando compaiono tre corteggiatori, ognuno in possesso di una sua lettera d’amore, che le dichiarano il loro disprezzo. Solo Alceste la perdonerebbe, se solo volesse abbandonare il mondo con lui: la donna rifiuta, Alceste si prepara a ritirarsi nella solitudine. Con “Il misantropo” la materia si fa grave, siamo a un passo dalla fuoriuscita dal genere della commedia. Molié re si ritrasse, la sua produzione successiva è varia, leggera, brillante, meno ‘impegnata’. Si tratta di commedie, una anche a carattere pastorale (Mé licerte, 1666), una derivata da Plautus (Amphitryon, 1668), farse (Georges Dandin), commedie-balletto (Monsieur de Pourceaugnac, 1669) ecc. Si distinguono L’avaro (L’avare, 1668) e, nel 1670 Il borghese gentiluomo (Le bourgeois gentilhomme).

“L’avaro” è una commedia in cinque atti in prosa. E’ ispirata all'”Aulularia” di Plautus. Molière ne riprende alcune delle scene più famose e i tratti principali del carattere dell’avaro protagonista. In Harpagon l’avarizia ha soffocato ogni altro sentimento, i figli Clé ante e Elise lo odiano. Harpagon vuole sposare la bella e povera Marianne, che è amata da Clé ante, e vuole maritare Elise al vecchio Anselme che l’accetta senza dote. A questo punto, il valletto di Clé ante, La Flê che, ruba a Harpagon la cassetta con il denaro e la consegna a Clé ante che vuole usarla per avere in cambio Marianne. Harpagon accusa del furto Valère, suo intendente, che pensa che la collera del padrone derivi dalla scoperta dei suoi segreti amori con Elise. L’arrivo di Anselme, che riconosce in Marianne e in Valère i figli creduti morti in un naufragio, scioglie l’intrigo. Gli innamorati si sposano e Harpagon ritrova il suo denaro. “Il borghese gentiluomo” è una commedia-balletto in cinque atti, separati ognuno da un intermezzo danzato. Monsieur Jourdain è un mercante arricchito che vorrebbe sembrare un gentiluomo. E’ facile preda dei parassiti che lo adulano sfruttando la sua ingenua grossolanità: maestri di musica, ballo, scherma e filosofia. Tra essi lo squattrinato conte Dorante che conquista la marchesa Dorimène con i doni che Jourdain, innamorato della marchesa, credeva di inviarle tramite lui. La moglie passa all’opposizione decisa quando Jourdain vuole impedire le nozze della figlia Lucile con Clé onte. Jourdain disprezza un genero borghese, ma Civiello servo di Clé onte, gli fa credere che il padrone sia un principe turco. Jourdain dà il consenso, e la commedia termina con le burlesche nozze turche di Lucile. Nel 1671 scrisse una tragedia-balletto, Psiche, in collaborazione con Corneille e con Quinault, musicato da Lulli.

Con questa si avvicinò al nuovo teatro d’opera verso cui il gusto del pubblico si stava orientando. Nel 1672 importante Le donne saccenti (Les femmes savantes) riprende il tema del suo primo grande successo, “Le preziose ridicole”. La commedia-balletto Il malato immaginario (Le malade imaginaire), andata in scena per la prima volta il 10 febbraio 1673, chiude la sua prodigiosa carriera. Si tratta di tre atti. Argan è un malato immaginario che si nutre di medicine e vive spiando i sintomi di possibili malattie. Della sua mania ne approfitta la seconda moglie Bé line che cerca di farsi nominare unica erede, e i dottori Purgon e Diafoirus, e il farmacista Fleurant. Argan, per avere un medico in casa, decide di far sposare la figlia Angé lique con il giovane Diafoirus, benché Angé lique ami Clé ante. Interviene la cameriera Toinette che, con Bé raldo (fratello di Argan) convince il malato immaginario a fingersi morto. Argan scopre l’ipocrisia e la cupidigia di Bé line, e il sincero dolore della figlia. Commosso, consente alle nozze di Angé lique con Clé ante, e decide di diventare lui stesso medico.

Commediografo di una delle più splendide e raffinate corti dell’epoca, Molière non dimenticò mai il lungo apprendistato in provincia e il valore degli effetti comici. Continuò a produrre farse fino al termine della sua carriera, sfruttando la comicità anche all’interno delle commedie più ambiziose. Non si lasciò mai intralciare da considerazioni teoriche, mantenendosi fedele sempre a un profondo istinto teatrale. Attore egli stesso, che “recitava come parlava”, secondo la testimonianza dei contemporanei, quando fu costretto a rispondere ai suoi nemici, lo fece attraverso il teatro. Uomo di teatro, ma anche moralista. Considerò i vizi degli uomini come deroghe alla naturalezza, autoinganni. Il ridicolo è la forma sensibile di questi vizi: Molière rise del borghese che vuol diventare gentiluomo, del gentiluomo tronfio e insolente, della donna che si atteggia a intellettuale. Diede un modello di opera teatrale chiusa, perfetta, classica, origine per secoli di una comicità esilarante ma anche intrisa di drammatica amarezza, consapevole del ridicolo, del patetico e del tragico delle debolezze umane.