La bellezza ideale

Cum autem pulchritudinis duo genera sint, quorum in altero venustas sit, in altero dignitas, venustatem muliebrem ducere debemus, dignitatem virilem. Ergo et a forma removeatur omnis ornatus viro non dignus, et huic simile vitium in gestu motuque caveatur. Nam et palaestrici motus sunt saepe odiosiores et histrionum nonnulli gestus ineptiis non vacant, et in utroque genere quae sunt recta et simplicia laudantur. Formae autem dignitas coloris bonitate tuenda est, color exercitationibus corporis. Adhibenda praeterea munditia est non odiosa neque exquisita nimis, tantum quae fugiat agrestem et inhumanam neglegentiam. Eadem ratio est habenda vestitus, in quo, sicut in plerisque rebus, mediocritas optima est. Cavendum autem est, ne aut tarditatibus utamur in ingressu mollioribus, ut pomparum ferculis similes esse videamur, aut in festinationibus suscipiamus nimias celeritates, quae cum fiunt, anhelitus moventur, vultus mutantur, ora torquentur; ex quibus magna significatio fit non adesse constantiam.

Cicerone

Essendo due i generi di bellezza, nel primo dei quali c’è la grazia, nell’altro il portamento dignitoso, dobbiamo ritenere la grazia propria della donna, il portamento dignitoso proprio dell’uomo. Dunque sia rimosso dall’aspetto ogni ornamento non degno dell’uomo, e si eviti un simile vizio nell’atteggiamento e nel movimento. Infatti dei movimenti da palestra sono spesso piuttosto moleste e alcuni gesti degli attori non mancano di frivolezza, e in entrambi i generi sono lodati quelli semplici e naturali. La dignità dell’aspetto deve essere mantenuta con la freschezza del colorito, il colorito con gli esercizi del corpo. Bisogna mostrare inoltre una pulizia non affettata né troppo ricercata, in misura tale che eviti la rustica e incivile trascuratezza. Deve seguire la medesima condotta l’abbigliamento, in cui, così come nella maggior parte delle cose, la moderazione è ottima. Bisogna inoltre evitare di dar prova di lentezza troppo molle nel modo di procedere, per non sembrare di essere simili alle portantine delle processioni, o di prendere troppa velocità nella fretta, che, quando avviene, si provoca l’affanno, si trasfigura il volto, i lineamenti si scompongono; da queste cose nasce l’indizio che non c’è costanza.