La “carriera” di Verre prima dell’approdo in Sicilia

Posteaquam Gnaeo Dolabellae provincia Cilicia constituta est, o di immortales, nemo eum impedire potuit quin illam sibi delationem expugnaret!
Id quod Gnaeo Dolabellae principium maximae calamitatis fuit.
Nam ut est profectus, quacumque iter fecit, ea loca pervasit quasi esset non legatus populi Romani, sed calamitas quaedam.
In Achaia magistratum Sicyonium nummos poposcit. Sit sane scelus non inauditum: nemo dubitat quin sit improbum ac turpe.
Ignem ex lignis viridibus atque umidis in loco angusto fieri iussit: ibi hominem ingenuum, domi nobilem, populi Romani socium atque amicum, fumo excruciatum semivivum reliquit, quod maiestatis reus esset.

Dopo che la provincia di Cilicia fu assegnata a Gneo Dolabella, o dèi immortali, nessuno poté impedire che costui si procurasse il compito di delegato. Cosa che per Gneo Dolabella fu l’inizio di una grandissima sciagura. Infatti appena partì, dovunque (Verre) passò, attraversò quei luoghi come se fosse non un funzionario Romano, ma una calamità.
In Acaia chiese denari al magistrato di Sicione. Ammettiamo pure che il misfatto non sia una novità: nessuno dubita che sia disonesto e vergognoso. Ordinò che in un luogo stretto si facesse un rogo con legna verde e umida: qui lasciò in fin di vita un uomo innocente, nobile di famiglia, alleato e amico del popolo Romano, soffocato dal fumo, per il fatto che a suo dire era colpevole di lesa maestà.