La carriera politica di Catone il Censore (II)

Consulatum gessit cum L. Valerio Flacco, sorte provinciam nactus Hispaniam citeriorem, exque ea rediens triumphum deportavit. Ibi cum diutius moraretur, P. Scipio Africanus, consul iterum, cuius in priori consulatu quaestor fuerat, optavit eum de provincia depellere et ipse ei succedere neque hoc per senatum efficere potuit, cum quidem Scipio principatum in civitate obtineret, quod tum non potentia, sed iure res publica administrabatur. Qua ex re iratus senatui, consulatu peracto, privatus in urbe mansit. At Cato, censor cum eodem Flacco factus, severe praefuit ei potestati. Nam et in complures nobiles animadvertit et multas res novas in edictum addidit, quibus luxuria reprimeretur, quae iam tum incipiebat pullulare. Circiter annos octoginta, usque ad extremam aetatem ab adulescentia, rei publicae causa suscipere inimicitias non destitit. A multis temptatus non modo nullum detrimentum existimationis fecit, sed, quoad vixit, virtutum laude crevit.

A scuola di latino – Pag.43 n.101 – Cornelio Nepote

Esercitò il consolato con Lucio Valerio Flacco, avendo ottenuto in sorte la provincia della Spagna citeriore, e tornando da essa riportò il trionfo. Poiché si tratteneva là piuttosto a lungo, Publio Scipione Africano, console per la seconda volta, del quale nel primo consolato (Catone) era stato questore, volle allontanarlo dalla provincia e subentrargli, e non poté ottenerlo dal senato, sebbene Scipione avesse in città senza dubbio una posizione egemone, perché allora lo Stato era guidato non dal potere personale, ma dalla legge. Per questo motivo, in collera col senato, una volta condotto a termine il consolato rimase in città come un privato cittadino. Invece Catone, nominato censore con lo stesso Flacco, resse quella carica con rigore. Infatti punì parecchi nobili e aggiunse molte disposizioni nuove nelle ordinanze, affinché venisse arrestato il lusso sfrenato, che già allora cominciava a diffondersi. Per circa ottant’anni, dall’adolescenza fino agli ultimi anni di vita, non mancò di tirarsi addosso inimicizie per il bene dello Stato. Chiamato in giudizio da molti, non solo non patì nessuna perdita di considerazione, ma, finché visse, crebbe nella fama delle sue virtù.