La fuga dal Ciclope Polifemo

In eius spelunca a Polyphemo deprehensi, Ulixes et socii eo loco inclusi erant et – horribile visu! – nonnulli eorum a monstro vivi devorabantur. Tum videns tantam immanitatem atque feritatem cui resistere non poterat. Ulixes dolum excogitavit. Monstro eius nomen quaerenti respondit: “Mihi nomen est «nemo» (= nessuno)”. Postea vinum, quod secum habebat, Polyphemo donavit qui libenter id accipiens alterum donum ei promisit: “Te ultimum vorabo”. Cum monstrum, vino victum, alto somno oppressum erat, Ulixes cum sociis suis trunco ardenti oculum eius exussit. Polyphemus, intolerabili dolore expergefactus, ex spelunca praeclusa auxilium a ceteris Cyclopibus magnis clamoribus petebat. Quibus causam quaerentibus respondit: “Nemo me excaecavit!” Cyclopes ea verba iocum iudicantes neglexerunt. At quomodo Ulixes et socii e spelunca ab ingenti saxo clausa evadere potuerunt? Callidus vir, cum Polyphemus saxum movere coactus est – oves enim pabulo egebant – socios suos sub ovibus et se sub ariete alligavit. Ita, quamquam Polyphemus iam caecus immensibus manibus speluncae ingressum et ovium terga tangebat, fugere potuerunt.

Catturati da Polifemo nella sua grotta, Ulisse e i compagni erano rinchiusi in quel luogo e – terribile a vedersi! – alcuni di loro venivano divorati vivi dal mostro. Allora, vedendo la tanto grande crudeltà e ferocia, a cui non poteva opporsi, Ulisse escogitò un inganno. Al mostro che chiedeva il suo nome rispose: «Il mio nome è “nessuno”». Poi donò del vino, che aveva con sé, a Polifemo, che, accettando volentieri il vino, gli promise un altro dono: «Ti divorerò per ultimo». Quando il mostro, vinto dal vino, era stato oppresso da un sonno profondo, Ulisse assieme ai suoi compagni bruciò il suo occhio con un tronco ardente. Polifemo, svegliato dall’insopportabile dolore, dalla grotta chiusa con forti grida chiedeva aiuto agli altri Ciclopi. A quelli che chiedevano la ragione rispose: «Nessuno mi ha accecato!». I Ciclopi, ritenendo quelle parole uno scherzo, lo ignorarono. Ma in che modo Ulisse e i compagni riuscirono a uscire dalla grotta chiusa da un enorme masso? L’astuto uomo, quando Polifemo fu costretto a spostare il masso – infatti le pecore avevano bisogno di cibo – legò i suoi compagni sotto alle pecore e se stesse sotto all’ariete. Così, nonostante Polifemo ormai cieco toccasse con le immense mani l’ingresso della grotta e il dorso delle pecore, riuscirono a fuggire.