La guerra contro Veio va continuata!

Aut non suscipi bellum oportuit, aut geri pro dignitate populi Romani et perfici quam primum oportet. Perficietur autem si urgemus obsessos, si non ante abscedimus quam spei nostrae finem captis Veiis imposuerimus. Si hercules nulla alia causa, ipsa indignitas perseverantiam imponere debuit. Decem quondam annos urbs oppugnata est ob unam mulierem ab universa Graecia, quam procul ab domo? Quot terras, quot maria distans? Nos intra vicesimum lapidem, in conspectu prope urbis nostrae, annuam oppugnationem perferre piget. Scilicet quia levis causa belli est nec satis quicquam iusti doloris est quod nos ad perseverandum stimulet. Septiens rebellarunt; in pace nunquam fida fuerunt; agros nostros miliens depopulati sunt; Fidenates deficere a nobis coegerunt; colonos nostros ibi interfecerunt; auctores fuere contra ius caedis impiae legatorum nostrorum; Etruriam omnem adversus nos concitare voluerunt, hodieque id moliuntur;[…] Cum his molliter et per dilationes bellum geri oportet?

Esperienze di traduzione – Pag.142 n.4 – Livio

O non bisognava iniziare la guerra, oppure la si deve gestire in maniera conforme alla dignità del popolo romano e portarla a termine quanto prima possibile. E la porteremo a termine se non daremo tregua agli assediati, e se non ci ritiriamo prima di aver coronato le nostre speranze con la presa di Veio. Qualora, per Ercole, non ci fosse nessun’altra ragione, dovrebbe bastare l’indignazione da sola a imporci la perseveranza! Un tempo l’intera Grecia assediò per dieci anni una città a causa di una sola donna: ma quanto distava dalla patria quella città? Quante terre e quanti mari c’erano di mezzo? A noi dà invece fastidio reggere un anno d’assedio sotto una città che dista venti miglia dalla nostra e che quasi la si vede da Roma. è chiaro: perché il motivo che ha scatenato la guerra è insignificante e il risentimento che proviamo non basta a farci perseverare. Sette volte hanno riaperto le ostilità. In tempo di pace non sono mai stati leali. Hanno devastato migliaia di volte le nostre campagne. Hanno spinto alla defezione gli abitanti di Fidene, uccidendo i nostri coloni che risiedevano in quella città. Contro il diritto costituito si sono macchiati dell’orribile strage dei nostri ambasciatori. Volevano scatenarci contro l’intera Etruria, mossa che oggi tentano di ripetere.[…]Con nemici simili dovremmo gestire la guerra dimostrandoci privi di determinazione e accettando di trascinarla per le lunghe?