La guerra servile

Sicilia, terra frugum ferax, et quodam modo suburbana provincia, latifundiis civium Romanoum tenebatur. Hic ad cultum agri frequentia ergastula, catenatique cultores materiam bello praebuere. Syrius quidam nomine Eunus, fanatico furore simulato, ad libertatem et arma servos quasi numinum imperio concitavit; atque, ut divino afflatu motus videretur, in ore abdita nuce, quam sulphure et igni stipaverat, leniter inspirans, flammam inter verba fundebat. Hoc miraculo primo duo milia ex obviis, mox refractis ergastulis, sexaginta amplius milium fecit exercitum, regiisque decoratus insignibus, castella, vicos, oppida miserabilidireptione vastavit. Quin Persino capta sunt castra praetorum: Manlii, Lentuli, Pisonis, Hypsaei. Tandem Perperna, cum victos et apud Hennam novissime obsessos fame, ex qua pestilentia orta est, consumpsisset, reliquias latronum compedibus, catenis crucibusque punivit; fuitque ovatione contentus, ne dignitatem triumphi servili inscriptione violaret.

Ad Limina (2) – Pag.119

La Sicilia, terra feconda di messi e, per così dire, provincia vicina a Roma, era occupata dai latifondi di cittadini Romani. Qui i numerosi condannati al lavoro forzato ed i contadini alla catena offrirono l’ occasione di guerra. Un certo Sirio, di nome Euno, avendo simulato un furore demenziale, incitò gli schiavi alla libertà ed alle armi, come se gli dei stessi l’ avessero voluto e, perché si vedesse che era mosso da volontà divina, nascosta una noce in bocca che aveva riempito di zolfo e di fuoco, soffiandovi sopra piano, emetteva fuoco mentre parlava. Con questo spettacolo stupefacente, in un primo tempo riunì duemila uomini nelle strade, poi, spalancati i campi di lavoro, formò un’ armata di più di sessantamila schiavi. Indossate le insegne regali, devastò fortini , villaggi, città con indegni saccheggi. Persino furono conquistati gli alloggiamenti dei pretori: Manilio, Lentulo, Pisine, Ipseo. Tuttavia Perperna, avendo stremato i vinti e presso Enna gli assediati presi per fame, ragion per cui dilagò la peste, punì i briganti sopravvissuti, mettendoli ai ceppi, incatenandoli e crocifiggendoli; e si accontentò dell’ovazione, per non degradare l’onore sotto il titolo di un trionfo sui servi.