La rondine e il passero

Dum in eodem («medesimo», abl. m. sing.) ramo considunt, passer hirundini sic dicebat: «Tu, rapida avis, longa itinera facis, quia hiemes et frigora non toleras. Quam infirmum corpus tuum est! Quam («Quale, che») miseram vitam degis!». Tum hirundo sic respondebat: «Cum («Quando») nix copiosa prata agrosque operit, tu tremulus, sub tectorum tegimine pipias et tuis pullis cibum frustra exquiris: commoda igitur tua vita non est! Serva tibi querellas, stulte!».
Stultus est homo qui («che, il quale», nom. m. sing.) aliis exprobat quod («ciò che») sibi adscribere debet.

Mentre sostavano sul medesimo ramo, un passero diceva così alla rondine: «Tu, veloce uccello, fai lunghi viaggi, poiché non sopporti gli inverni e il freddo. Com’è debole il tuo corpo! Che vita misera conduci!». Allora la rondine rispondeva così: «Quando la neve abbondante ricopre i prati e i campi, tu, tremolante, cinguetti sotto la copertura dei tetti e cerchi invano cibo per i tuoi pulcini: perciò la tua vita non è facile! Risparmiati le lamentele, sciocco!».
È sciocco l’uomo che rimprovera agli altri ciò che deve imputare a sé.