La spada di Damocle

Hic tyrannus ipse iudicavit quam esset beatus. Nam cum quidam ex eius adsentatoribus, Damocles, commemoraret in sermone copias eius, opes, maiestatem dominatus, rerum abundantiam, magnificentiam aedium regiarum negaretque umquam beatiorem quemquam fuisse, “Visne” inquit: “igitur, o Damocle, quoniam te haec vita delectat, ipse eam degustare et fortunam experiri meam?”. Cum ille se6 cupere dixisset, iussit conlocari hominem in aureo lecto, strato pulcherrimo textili stragulo magnificis operibus picto, abacosque compluris ornavit argento auroque caelato. Tum ad mensam eximia forma pueros delectos consistere iussit eosque nutum illius intuentis diligenter ministrare. Aderant unguenta, coronae, incendebantur odores, mensae conquisitissimis epulis extruebantur: fortunatus sibi Damocles videbatur. In hoc medio apparatu fulgentem gladium e lacunari, saeta equina aptum, demitti iussit, ut impenderet illius beati cervicibus. Itaque nec pulchros illos ministratores aspiciebat nec plenum artis argentum nec manum porrigebat in mensam; iam ipsae defluebant coronae; denique exoravit tyrannum ut abire liceret, quod iam beatus nollet esse.

Cicerone, Tusc. 5. 61-62

Questo tiranno giudicò egli stesso quanto fosse felice. Infatti poiché Damocle, uno dei suoi cortigiani, citava in un discorso le sue ricchezze, la (sua) potenza, la grandezza del (suo) dominio, l’abbondanza dei beni, lo splendore della reggia, e diceva che mai nessuno era stato più felice (di lui), disse: “Vuoi dunque, Damocle, dal momento che questa vita ti alletta, assaporarla tu stesso e sperimentare la mia fortuna?”. Poiché egli aveva risposto che lo desiderava, (Dionisio) ordinò di collocare (quell’) uomo su un letto d’oro coperto con un bellissimo drappo intessuto ornato di magnifici ricami, e adornò parecchi tavoli con vasellame d’oro e d’argento cesellato. Poi ordinò a servi scelti di straordinaria bellezza di mettersi vicino alla mensa e di servirlo con cura, osservando il suo cenno. Vi erano unguenti, ghirlande, venivano bruciati profumi, si imbandivano mense con vivande squisite: a Damocle sembrava di essere fortunato. Nel (bel) mezzo di questo apparato, (Dionisio) ordinò che fosse sospesa al soffitto, attaccata per un crine di cavallo, una spada splendente, in modo che pendesse sul collo di quel(l’uomo) felice. E così (egli) non guardava (più) quei bei servitori né l’argenteria finemente lavorata, né stendeva la mano verso il cibo; ormai gli scivolavano giù le stesse ghirlande; infine pregò il tiranno di permetter(gli) di andar via, perché non voleva più essere felice.