La storia di Roma – Quinto Fabio Massimo (II)

Priusquam satis certa consilia essent, repens alia nuntiatur clades, quattuor milia equitum cum C. Centenio propraetore ab Hannibale circumventa. Eius rei fama varie homines adfecit. Pars occupatis maiore aegritudine animis levem ex comparatione priorum ducere recentem equitum iacturam; pars non id quod acciderat per se aestimare: nam, ut in adfecto corpore levis quoque causa gravior sentitur, ita tum quodcumque adversi aegrae civitati incideret, non rerum magnitudine aestimabatur, sed viribus extenuatis, quae nihil ultra pati possent. Itaque ad remedium iam diu neque desideratum nec adhibitum, dictatorem dicendum, civitas confugit; et quia et consul aberat, nec per occupatam Italiam facile erat aut nuntium aut litteras mitti, quod numquam ante eam diem factum erat, dictatorem populus creavit Q. Fabium Maximum et magistrum equitum M. Minucium Rufum; iisque negotium ab senatu datum, ut muros turresque urbis firmarent et praesidia disponerent, quibus locis videretur, pontesque rescinderent fluminum: nam pro urbe dimicandum erat ac penatibus quando Italiam tueri nequierant.

Livio

Prima che le decisioni fossero abbastanza sicure, fu annunciata un’altra disfatta improvvisa, essendo stati sopraffatti da Annibale quattromila cavalieri assieme al propretore Gaio Centenio. La notizia di questo evento colpì gli uomini in maniera diversa. Una parte, essendo stati gli animi occupati da un affanno più grande, riteneva una cosa da poco la recente perdita dei cavalieri in confronto alle precedenti; una parte non giudicava ciò che era accaduto di per sé: infatti, come in un corpo ammalato anche una lieve indisposizione si percepisce come piuttosto grave, così qualunque cosa di avverso allora capitasse alla città travagliata si giudicava non dalla grandezza degli eventi, ma dalle forze indebolite, che non potevano sopportare nient’altro. Pertanto la città ricorse al rimedio ormai da lungo tempo né desiderato né usato, la nomina del dittatore; e poiché il console era assente e non era facile mandargli un messaggero o una lettera a causa dell’Italia occupata, il popolo, cosa che non era mai stata fatta prima di quel giorno, nominò dittatore Quinto Fabio Massimo e comandante dei cavalieri Marco Minucio Rufo; dal senato fu dato loro il compito di fortificare le mura e le torri della città e di disporre presidi, nei luoghi in cui sembrasse opportuno, e di tagliare i ponti sui fiumi: infatti bisognava combattere per la città e per i penati dal momento che non erano stati in grado di difendere l’Italia.