La volpe e la cicogna

Nulli nocendum: si quis vero laeserit,
multandum simili iure fabella admonet.
Vulpes ad cenam dicitur ciconiam
prior invitasse et illi in patina liquidam
posuisse sorbitionem, quam nullo modo
gustare esuriens potuerit ciconia.
Quae vulpem cum revocasse, intrito cibo
plenam lagonam posuit: huic rostrum inserens
satiatur ipsa et torquet convivam fame.
Quae lagonae collum frustra lambens
peregrinam sic locutam volucrem accepimus:
«Sua quisque exempla debet aequo animo pati».

Non si deve far del male a nessuno: ma se qualcuno avrà recato danno, la favoletta insegna che deve essere ripagato con la stessa moneta. Si racconta che la volpe per prima avesse invitato a pranzo la cicogna e le avesse imbandito, in un piatto largo, una vivanda liquida, che la cicogna in nessun modo poté assaggiare, pur essendo affamata. Ma questa, avendo a sua volta invitato la volpe, le pose davanti una bottiglia piena di cibo tritato: inserendovi il becco, lei stessa si sazia e tormenta con la fame l’invitata. E mentre quella leccava invano il collo della bottiglia, sappiamo che l’uccello migratore così parlò: «Ciascuno dève sopportare con rassegnazione gli esempi dati (agli altri)».