L’agnello astuto

Olim lupus agnum solum in prato conspexit, qui a grege discesserat, statimque appropinquavit illam praedam voraturus. Agnus autem dixit: «Scio te fortem esse et me mortem vitare non posse; tamen cupio te tibia aliquid («qualcosa») canere mihi, sic ego postremum saltaturus sum et laeto animo vitam amittam». Lupus his verbis credidit et tibiam inflavit. Sed pastor, quia e longinquo tibiae sonum audiverat, accurrit cum canibus, lupum fugaturus et agnum certae morti erepturus. Tum lupus, dum ad silvam properat, dixit: «Quantum stultitia mihi obfuit! Ego, qui praedo sum, tibiis canere ut musicus non debebam». Fabella docet astutiam nonnunquam infirmis auxilio esse contra potentium vim.

Un giorno un lupo scorse in un prato un agnello solo, che si era allontanato dal gregge, e subito si avvicinò per divorare quella preda. Ma l’agnello disse: «So che sei più forte di me e che non posso evitare la morte; tuttavia voglio che tu mi suoni qualcosa con il flauto, così io potrò danzare per l’ultima volta e morirò con l’animo felice». Il lupo credette a queste parole e suonò il flauto. Ma il pastore, poiché aveva sentito il suono del flauto da lontano, accorse con i cani per mettere in fuga il lupo e strappare l’agnello ad una morte certa. Allora il lupo, mentre si affrettava verso il bosco, disse: «Quanta stupidità mi ha nuociuto! Io, che sono un predatore, non dovevo suonare il flauto come un musico». La storiella insegna che l’astuzia talvolta è d’aiuto ai più deboli contro la forza dei potenti.