L’amicizia è il cardine della società

Si exemeris ex rerum natura benevolentiae coniunctionem, nec domus ulla nec urbs stare poterit, ne agri quidem cultus permanebit. Id si minus intellegitur, quanta vis amicitiae concordiaeque sit, ex dissensionibus atque ex discordiis percipi potest. Quae enim domus tam stabilis, quae tam firma civitas est, quae non odiis et discidiis funditus possit everti? Ex quo quantum boni sit in amicitia iudicari potest. Agrigentinum quidem doctum quendam virum carminibus Graecis vaticinatum esse ferunt, quae in rerum natura totoque mundo constarent quaeque moverentur, ea contrahere amicitiam, dissipare discordiam. Atque hoc quidem omnes mortales et intellegunt et re probant. Itaque si quando aliquod officium exstitit amici in periculis aut adeundis aut communicandis, quis est qui id non maximis efferat laudibus? Aliquid tale in M. Pacuvi nova fabula accidit, cum ignorante rege, uter Orestes esset, Pylades Orestem se esse diceret, ut pro illo necaretur, Orestes autem, ita ut erat, Orestem se esse perseveraret. Hactenus de amicitia quid sentirem me dixisse arbitror; si quae praeterea sunt (credo autem esse multa), ab iis, qui ista disputant, quaeritote.

Cicerone

E se toglierai dalla natura delle cose il vincolo dell’affetto, non potrà esistere nessuna casa né alcuna città, non resterà neppure l’agricoltura. Se non si comprende del tutto ciò, quanto grande sia la forza dell’amicizia e della concordia, può essere capito dai dissidi e dalle discordie. Infatti quale abitazione è tanto stabile, quale città tanto salda che non possa essere del tutto distrutta dagli odi e dalle discordie? Da ciò può essere valutato quanto ci sia di buono nell’amicizia. Dicono che un uomo dotto di Agrigento abbia profetizzato in versi Greci che l’amicizia riunisce quelle cose che nella natura delle cose e in tutto l’universo sono ferme e quelle che si muovono, (mentre) la discordia le disperde. E certamente tutti i mortali comprendono e comprovano nella realtà ciò. Perciò se esiste qualche dovere dell’amico nell’affrontare o nel condividere i pericoli, chi c’è che non esalti ciò con le lodi più grandi? Qualcosa di simile accade nel nuovo dramma di Marco Pacuvio, quando, poiché il re non sapeva chi dei due fosse Oreste, Pilade diceva che egli era Oreste, affinché venisse ucciso al posto di quello, mentre Oreste, così come era, continuava a dire di essere Oreste. Fin qui credo di aver detto cosa penso dell’amicizia; se vi sono alcune cose oltre a ciò (credo che siano molte), chiedetele a quelli che discutono queste cose.