Le rane chiedono un re (A)

Cum Athenae aequis legibus florerent, procax libertas civitatem miscuit, adeo ut licentia pristinum frenum solverit. Hic (avv.), cum factionum variae partes conspiravissent, arcem tyrannus Pisistratus occupavit. Cum Athenienses, libertate amissa, tristem servitutem flerent, Aesopus hanc tum fabellam narravit. «Ranae, per liberas paludes vagantes, clamore magno regem a Iove petierunt, ut dissolutos mores vi compesceret. Olympi rex, petitione audita, risit atque ranis tigillum dedit, quod subito aquae motu sonoque pavidum genus terruit. Cum ranae celatae in limo diu iacerent, forte una tacite e stagno caput sustulit et, cum illum insolitum semperque immotum regem exploravisset, cunctas alias vocavit, ut sin-gularem rem examinarent».

Mentre Atene prosperava grazie a leggi giuste, una sfrenata libertà mise sottosopra la città al punto che la dissolutezza sciolse l’antico freno. In tale circostanza, poiché i partiti delle fazioni si erano accordati, il tiranno Pisistrato occupò la rocca. Poiché gli Ateniesi, persa la libertà, piangevano la triste servitù, Esopo allora raccontò questa storiella. «Le rane, che vagavano per le libere paludi, con grande chiasso chiesero un re a Giove, affinché reprimesse con la forza i costumi dissoluti. Il re dell’Olimpo, dopo aver sentito la richiesta, sorrise e diede alle rane un piccolo travicello, che con l’improvviso movimento e rumore dell’acqua spaventò la paurosa specie. Mentre le rane giacevano nascoste nel pantano da un po’, per caso una, in silenzio, sollevò la testa dallo stagno e, dopo aver esaminato l’insolito e sempre immobile re, chiamò tutte le altre, affinché osservassero la singolare cosa».