Lettera ad Attico dall’esilio

Cicero Attico sal. Acta quae Romae essent usque ad a.d. VIII Kal. Iunias, cognovi ex tuis litteris; reliqua exspectabam, ut tibi placebat, Thessalonicae. Quibus adlatis, facilius statuere potero ubi sim. Nam si quid agetur, si spem videro, aut ibidem opperiar aut me ad te conferam ; sin, ut tu scribis, ista evanuerint, aliquid aliud videbimus. Omnino adhuc nihil mihi significatis nisi discordiam inimicorum meorum; quae tamen inter eos de omnibus potius rebus est quam de me. Itaque quid ea mihi prosit nescio, sed tamen, quoad me vos sperare vultis, vobis obtemperabo. Nam, quod me tam saepe et tam vehementer obiurgas et animo infirmo esse dicis, quaeso, ecquod tantum malum est, quod in mea calamitate non sit? Ego quidem quam primum faciam te consili nostri certiorem. Tu, ut adhuc fecisti, quam plurimis de rebus ad me scribe. Data XIV Kal. Quintilis Thessalonicae.

Cicerone

Cicerone saluta Attico. Dalla tua lettera ho appreso le cose che sono state discusse a Roma fino al 25 Maggio; attendo le altre, come ti pare opportuno, a Tessalonica. Dopo che mi saranno state riferite, potrò decidere con più facilità dove stare. Infatti se si farà qualcosa, se vedrò una speranza, o aspetterò qui stesso o mi dirigerò da te; ma se, come scrivi, queste cose sfumeranno, escogiteremo qualcos’altro. Fino a questo momento in generale non mi mostrate nulla se non il disaccordo dei miei nemici; il quale (= il disaccordo) tuttavia è tra di loro riguardo ad ogni cosa piuttosto che riguardo me. Pertanto non so a cosa mi giovi ciò, ma tuttavia, finché volete che io speri, vi obbedirò. Infatti, quanto al fatto che mi rimproveri tanto spesso e con tanta veemenza e dici che sono d’animo fiacco, di grazia, vi è un male tanto grande che non sia nella mia disgrazia? Io senza dubbio ti informerò della mia decisione quanto prima. Tu, come hai fatto finora, scrivimi di quante più cose. Consegnata a Tessalonica il 18 Giugno.