L’invenzione del cannocchiale

Mensibus abhinc decem fere, rumor ad aures nostras increpuit, fuisse a quodam Belga perspicillum elaboratum, cuius beneficio obiecta visibilia, licet (=quamquam) ab oculo inspicientis longe dissita, veluti propinqua distincte cernabantur; ac huius profecto admirabilis effectus nonnullae experientiae circumferebantur, quibus fidem alii praebebant, negabant alii. Idem paucos post diesmihi per litteras a nobili Gallo Iacobo Badovere ex Lutetia confirmatum est; quod tandem in causa fuit, ut ad rationes inquirendas, necnon media excogitanda, per quae ad consimilis organi inventionem devenirem, me totum converte rem. Quam paulo post, doctrinae de refractionibus innixus, assecutus sum: ac tubum primo plumbeum mihi paravi, in cuius extremitatibus vitrea duo perspicilla, ambo ex altera parte plana, ex altera vero unum sphaerice convexum, alterum vero cavum aptavi. Oculum deinde ad cavum admovens, obiecta satis magna et propinqua intuitus sum; triplo enim viciniora, nonuplo (“di nove volte”) vero maiora apparebant, quam dum sola naturali acie spectarentur. Alium post modum exactiorem mihi elaboravi, qui obiecta plusquam sexagesis (“di sessanta volte”) maiora repraesentabat. Tandem, labori nullo nullisque sumptibus parcens, eo a me deventum est, ut organum mihi construxerim adeo excellens, ut res per ipsum visae millies (“mille volte”) fere maiores appareant. Huius Instrumenti quod quantaque sint commoda, tam in re terrestri quam in maritima, omnino supervacaneum foret (=esset) enumerare. Sed, missis terrenis, ad Caelestium speculationes me contuli; ac Lunam prius tam ex propinquo sum intuitus.

Galileo Galilei

Già da circa dieci mesi è giunta alle nostre orecchie la voce che da un certo Belga è stato perfezionato un occhialino, grazie al cui beneficio gli oggetti visibili, benché posti lontano dall’occhio di chi guarda, si distinguevano chiaramente come vicini; e di questo meraviglioso effetto erano diffuse incontestabilmente parecchie esperienze, alle quali alcuni credevano, altri le rifiutavano. La stessa cosa mi è stata confermata dopo pochi giorni per lettera dal nobile francese Jacopo Badovere da Parigi; dunque questa fu la ragione per cui io mi dedicai interamente a ricercare le spiegazioni, così pure a scoprire i mezzi tramite i quali giungessi all’invenzione di uno strumento simile. Poco dopo, basandomi sulla dottrina delle rifrazioni, la conseguii: innanzitutto mi preparai un tubo di piombo, nelle estremità del quale posi due lenti di vetro, entrambe piatte da un altro, dall’altro invece una convessa sfericamente, l’altra invece concava. Avvicinando poi l’occhio a quella concava, vidi gli oggetti abbastanza grandi e vicini; apparivano infatti di tre volte più vicine, di nove volte più grandi, rispetto a quando si guardavano con la sola vista naturale. Poi mi elaborai un altro (strumento) più adatto, che rappresentava gli oggetti più grandi di sessanta volte. Finalmente, non risparmiando alcuna fatica e alcuna spesa, da me si giunse ad un punto tale, che mi fabbricai uno strumento così eccellente, che le cose viste tramite lo stesso appaiono circa mille volte più grandi. Quali e quanto grandi siano i vantaggi di questo strumento, tanto in ambito terrestre che marittimo, sarebbe certamente inutile elencare. Ma, omesse le cose terrestri, mi dedicai all’osservazione delle cose celesti; e prima vidi la Luna così da vicino.