Lisandro e gli oracoli

Ob Lysandri crudelitatem ac perfidiam placuit ephoris decemviralem potestatem ab illo constitutam tolli. Quo dolore incensus, «Mene iniuriam talem pati!», exclamavisse dicitur, et iniit consilia reges Lacedaemoniorum tollere. Sed sentiebat id se sine ope deorum facere non posse, quod Lacedaemonii omnia ad oracula referre consuerant. Primum Delphicum corrumpere est conatus. Cum id non potuisset, Dodonam adortus est. Hinc quoque repulsus dixit se vota suscepisse, quae Iovi Hammoni solveret, existimans se Afros facilius corrupturum. Hac spe cum profectus esset in Africam, multum eum antistites Iovis fefellerunt. Nam non solum corrumpi non potuerunt, sed etiam legatos Lacedaemonem miserunt, qui Lysandrum accusarent, quod sacerdotes fani corrumpere conatus esset. Accusatus hoc crimine iudicumque absolutus sententiis, Orchomeniis missus subsidio occisus est a Thebanis apud Haliartum.

Cornelio Nepote

A causa della crudeltà e malvagità di Lisandro agli efori parve opportuno che gli si togliesse la potestà decemvirale, da lui stabilita. Acceso da tale dolore, si dice abbia esclamato: «Io sopportare una tale offesa!», e prese la decisione di eliminare i re degli Spartani. Ma capiva di non poter fare ciò senza l’aiuto degli dèi, poiché gli Spartani erano soliti rimettere tutto agli oracoli. In un primo momento tentò di corrompere quello di Delfi. Non avendo potuto ciò, tentò Dodona. Respinto anche da qui, disse di aver fatto dei voti da sciogliere a Giove Ammone, credendo che avrebbe corrotto più facilmente gli Africani. Essendosi diretto in Africa con questa speranza, i sacerdoti di Giove lo delusero molto. Infatti non solo non poterono essere corrotti, ma mandarono anche ambasciatori a Sparta per accusare Lisandro, dal momento che aveva tentato di corrompere i sacerdoti del tempio. Accusato di questa colpa e assolto dalle sentenze dei giudici, mandato in aiuto agli Orcomeni, fu ucciso dai Tebani presso Aliarto.