Livio alle prese con il racconto di una pestilenza

M. Atilio praetori provincia Sardinia obvenerat; sed is cum legione nova, quam consules conscripserant, in Corsicam transiit. Dum is eo adit ut bellum gereret, Cornelio prorogatum est imperium, ut obtineret Sardiniam. Interim novas legiones consules scribebant, sed nequibant milites habere: dilectus consulibus diicilior erat, quod pestilentia, quae priore anno in boves inierat, eo verterat in hominum morbos. Qui inciderant, haud facile septimum (“settimo”) diem superabant. Servitia maxime interibant; eorum strages per omnes vias insepultorum erat. Cadavera intacta a canibus ac volturibus tabes absumebat. Cum pestilentiae inis non esset, senatus decrevit, ut decemviri libros Sibyllinos adirent. Ex decreto eorum diem unum supplicatio fuit, et Q. Marcio Philippo verba praeeunte populus in foro votum concepit: “Si morbus pestilentiaque ex agro Romano abierint, biduum ferias ac supplicationem habebimus”.

Ad Litteram – Esercizi 1 – Pag.326 n.19 – Livio

La provincia della Sardegna era toccata in sorte al pretore M. Atilio; ma costui passò in Corsica con la nuova legione che i consoli avevano arruolato. Mentre egli va là per fare la guerra, a Cornelio fu prorogato il comando per ottenere la Sardegna. Nel frattempo i consoli arruolavano nuove legioni, ma non riuscivano a trovare uomini: la leva era resa più difficile ai consoli da una pestilenza che era iniziata l’anno prima nei bovini e che si era trasformata in malattia per gli uomini. Coloro che ne erano colpiti superavano raramente il settimo giorno. Morivano soprattutto gli schiavi; per la loro morìa tutte le strade erano piene di cadaveri insepolti. La putrefazione consumava i cadaveri non toccati dai cani e dagli avvoltoi. Poiché la pestilenza non aveva fine il senato decretò che i decemviri consultassero i libri Sibillini. Per un loro decreto ci fu un giorno intero di pubbliche preghiere, e il popolo formulò un voto nel foro secondo la proposta di Q. Marzio Filippo: “Se il morbo e la pestilenza si allontaneranno dall’agro Romano, terremo due giorni di riposo e di pubbliche preghiere”.