L’uccisione di Cesare

Neque illi tanto viro et tam clementer omnibus victoriis suis uso plus quinque mensium principalis quies contigit. Quippe, cum mense Octobri in Urbem revertisset, idibus Martiis, coniurationis auctoribus Bruto et Cassio, quorum alterum promittendo consulatum non obligaverat, contra differendo Cassium offenderat, adiectis etiam consiliariis caedis familiarissimis omnium et fortuna partium eius in summum evectis fastigium, D. Bruto et C. Trebonio aliisque clari nominis viris, interemptus est. Cui magnam invidiam conciliarat M. Antonius, omnibus audendis paratissimus, consulatus collega, imponendo capiti eius Lupercalibus sedentis pro rostris insigne regium, quod ab eo ita repulsum erat ut non offensus videretur.

Esperienze di traduzione – Pag.115 n.5 – Velleio Patercolo

Ma a questo uomo così grande e che si comportò con tale clemenza in tutte le sue vittorie non toccarono più di cinque mesi di godimento pacato del potere supremo. Perciò, essendo ritornato a Roma ad ottobre, essendo Bruto e Cassio i capi della cospirazione, dei quali egli non era riuscito a sottomettere il primo con la promessa del consolato, ed aveva offeso il secondo con la proroga della sua candidatura, fu ucciso alle Idi di Marzo, essendo stati coinvolti nella strage anche alcuni dei più intimi tra tutti i suoi amici, elevati al sommo onore dalla fortuna della sua fazione, cioè Decimo Bruto, Gaio Trebonio ed altri di nome illustre. Marco Antonio, il suo collega nel consolato, sempre pronto ad atti di sfida, aveva portato grande odio su costui (Cesare) mettendogli sulla testa, non appena sedette sui rostri durante i Lupercali, una corona reale, che fu respinta a tal punto da Cesare che non sembrava esserne dispiaciuto.