Mai disperare!

Nauta procella ad insulam (= su un’isola) desertam et nebulosam impellitur. Vita ibi (= lì) non apparet: non capellae, non agnae, non vitulae herbam rodunt, nec placidae aquae fluunt. Tum (= Allora) nauta palmas protendit et Fortunam invocat (nam Fortuna dea est): «Fortuna, ubi (= dove) es? Cur effugi (= Perché sono scampato alla…) procellam, si nunc (= se ora) inedia necor?». Tum dea nautae apparet, nebulam dissolvit et parvam casam ostendit. Nauta ostium pulsat (= bussa alla porta) et ianua ab anicula pia et cana aperitur. Anicula nautam benigne (= benevolmente) excipit (= accoglie). Statim (= Subito) a bona femina copiosa cena paratur: in mensa (= sulla mensa) uvae rubrae flavaeque, odoratae placentae, gratae oleae et urna plena (= piena di) frigida aqua ponuntur. Tum nauta Fortunae et aniculae gratias agit.

Un marinaio viene spinto da una tempesta su un’isola deserta e nebbiosa. Lì non c’è vita: né caprette, né agnelle, né vitelle brucano l’erba, né scorrono calme acque. Allora il marinaio protende le mani e invoca la Fortuna (infatti la Fortuna è una dea): «O Fortuna, dove sei? Perché sono scampato alla tempesta, se ora vengo ucciso dalla fame?». Allora la dea appare al marinaio, dissolve la nebbia e mostra una piccola capanna. Il marinaio bussa alla porta e la porta viene aperta da una vecchietta pia e canuta. La vecchietta accoglie benevolmente il marinaio. Subito dalla buona donna viene preparata un’abbondante cena: sulla mensa vengono oste uve rosse e gialle, fragranti focacce, gradite olive e una brocca piena d’acqua. Allora il marinaio ringrazia la Fortuna e la vecchietta.