Marcello piange su Siracusa

Marcellus, ut moenia ingressus ex superioribus licis urbem omnium ferme illa tempestate pulcherrimam subiectam oculis vidit, inlacrimasse dicitur partim gaudio tantae perpetratae rei, partim vetusta gloria urbis. Atheniensium classes demersae et duo ingentes exercitus cum duobus clarissimis ducubus deleti occurreban et tot bella cum Carthaginiensibus tanto cum discrimine getsa, tot tam opulenti tyranni regesque, praeter ceteros Hiero, cum recentissimae memoriae rex tum ante omnia, quae virtus ei fortunaque sua dederat, beneficiis in populum Romanum insignis. Ea cum universa occurerent animo subiretque cogitatio, iam illa momento horae arsura onia et ad cineres reditura, priusquam signa Achradinam admoveret, praemittit Syracusanos, qui intra praesidia Romana, ut ante dictum est, fuerant, ut adloquio leni impellerent hostes ad dedendam urbem.

Si racconta che Marcello, entrato dalle mura nella città dai luoghi più elevati, quando vide sotto i suoi (occhi) la città in quel tempo forse la più bella di tutte, pianse di gioia in parte per la gioia di un’impresa tanto grande, in parte per l’antica gloria della città. Gli venivano alla mente le flotte degli Ateniesi affondate e i due ingenti eserciti con i due illustrissimi comandanti annientati e le tante guerre contro i Cartaginesi condotte con molti pericoli, tanti e così ricchi tiranni e re, più di ogni altro Gerone, re non solo di recentissima memoria ma anche soprattutto per le cose che la bravura e la sua fortuna gli aveva dato, famoso per i benefici verso il popolo romano. Mentre gli venivano in mente queste cose, e gli subentrava il pensiero che già nello spazio di un’ora tutto quello sarebbe arso e tornato cenere, prima di muovere le insegne verso l’Acradina, mandò avanti i Siracusani, che erano stati dentro le difese romane, come prima è stato detto, per indurre con un discorso moderato i nemici ad abbandonare la città.