Morte di Attico (I)

Cum Atticus septem et septuaginta annos complevisset atque tantaque prosperitate usus esset valetudinis ut annis triginta medicina non indiguisset, nactus est morbum, quem initio et ipse et medici contempserunt. Cum in hoc tres menses sine ullis doloribus consumpsisset, subito tanta vis morbi in imum intestinum prorupit. Postquam Atticus in dies dolores accrescere sensit, Agrippam generum ad se arcessi iussit et, cum eo, Lucium Cornelium Balbum Sextumque Peducaeum. Ut hos venisse vidit, in cubitum innixus sic locutus est: «Semper valetudinem meam cura diligentiaque tuitus sum, ut bene scitis; quoniam omnia feci quae ad sanitatem meam pertinerent, reliquum est ut egomet mihi consulam. Nolui vos id ignorare: nam alere morbum desinam. Namque his diebus quidquid cibi sumpsi, ita produxi vitam, ut auxerim dolores sine spe salutis. Quare a vobis peto, primum ut consilium probetis meum, deinde ne impedire conemini».

Cornelio Nepote

Attico, dopo aver compiuto settantasette anni e aver goduto di una salute così buona che in trenta anni non aveva avuto bisogno di medicine, contrasse una malattia che all’inizio lui stesso e i medici trascurarono. Dopo che aveva trascorso tre mesi in queste condizioni senza alcun dolore, all’improvviso la violenta virulenza del morbo si scatenò nella parte più bassa dell’intestino. Attico, quando avvertì che i dolori crescevano di giorno in giorno, ordinò di far venire a casa sua il genero Agrippa e, con lui, Lucio Cornelio Balbo e Sesto Peduceo. Come vide che costoro erano giunti, appoggiatosi su un gomito parlò in questo modo: «Ho sempre protetto con cura e attenzione la mia salute, come ben sapete; dal momento che ho fatto tutte le cose che tendessero alla mia guarigione, rimane solo che io provveda a me stesso. Non ho voluto che voi lo ignoraste: infatti cesserò di alimentare la malattia. Infatti in questi giorni, qualunque cibo abbia assunto, ho prolungato la mia vita così così da accrescere i miei dolori senza speranza di benessere. Perciò vi chiedo in primo luogo di accettare la mia decisione, poi di non tentare di ostacolarla».