Morte di un ladro ingannato dalla sua stessa vittima (Apuleio)

Alcimus, latro crudelissimus cum in cubiculum aniculae dormientis conscendisset, quamquam protinus eam occidere poterat, maluit res singulas de fenestra sociis suis prius deicere. Cum iam cuncta demisisset nec aniculae quidem parcere vellet, illa genibus eius profusa et lacrimans deprecatur: «Cur, fili mi, hanc sordidam toro supellectilem miserrimae anus vicinis divitibus donare vis, quorum domum haec fenestra prospicit?». Alcimus, callido sermone deceptus, vera credidit aniculae verba et cum timeret ne illa quae iam demiserat et quae missurus erat, non sociis suis, sed in alienam domum abiceret, fenestra se suspendit quo latius ac diligentius omnia perspiceret. Tum vero anicula repentino et inopinato pulsu Alcimum nutantem ac pendulum de fenestra praecipitavit. Ille, cum super vastissimum lapidem decidisset, costis omnibus perfractis, sanguinem evomuit et extemplo vitam amisit.

Apuleio

Alcimo, un ladro crudelissimo, dopo esser salito nella stanza da letto di una vecchietta che dormiva, sebbene potesse ucciderla subito, preferì prima gettare dalla finestra ai suoi complici gli oggetti uno ad uno. Poichè, dopo aver calato tutto quanto, non voleva lasciare nemmeno il letto alla vecchietta, quella, gettatasi ai suoi piedi e piangendo, lo supplicò: “Perchè, figlio mio, vuoi donare questo squallido mobile di una poverissima vecchia ai ricchi vicini, la cui casa vedi da questa finestra?”. Alcimo, tratto in inganno da quell’astuto discorso, credette veritiere le parole della vecchietta e temendo che quelle cose che aveva già buttato e quelle che si accingeva a lanciare, le gettasse non ai suoi compagni, ma in casa di altri, si sporse fuori dalla finestra per osservare tutto più attentamente e con una visuale più ampia. Ma allora la vecchietta con un’improvvisa e inaspettata spinta fece precipitare dalla finestra Alcimo che ondeggiava e penzolava. Quello, essendo caduto su una pietra enorme, fratturatosi tutte le costole, vomitò sangue e morì sul colpo.