Orazio Coclite (seconda parte)

Horatius Cocles iit inde in primum aditum ubi hostes erant. Circumtulit tam truces oculos ad proceres Etruscorum ut illi timore capti sint. Pudor deinde commovit aciem, et clamore sublato undique ad Horatium interficiendum tela coniciunt, quae in obiecto scuto haeserunt. Hostes iam interfecturi erant virum, cum fragor rupti pontis casuri et clamor Romanorum, qui laetitia affecti sunt quod opus perfectum erat, pavore subito impetum sustinuerunt. Tum Cocles «Tiberine pater, te precor – inquit – fac ut haec arma et hunc militem propitio flumine accipias». Ita sic armatus in Tiberim desiluit multisque superincidentibus telis incolumis ad suos tranavit. Tam grata erga tantam eius virtutem civitas fuit ut statua in comitio posita sit et quantum agri uno die circumaravit, datum. Privata studia quoque inter publicos honores eminebant; nam in magna inopia unusquisque, fraudans se ipse victu suo, ei aliquid contulit.

Livio

Orazio Coclite andò quindi nell’accesso anteriore dove si trovavano i nemici. Volse uno sguardo così truce verso i capi degli Etruschi che quelli furono presi da timore. La vergogna poi smosse la schiera, e levato il grido di guerra da tutte le parti lanciarono frecce per ammazzare Orazio, che si infissero nello scudo opposto per riparo. I nemici erano ormai sul punto di uccidere il soldato, quando il fragore del ponte spezzato che stava per cadere e le grida dei Romani, che furono presi dalla gioia perché l’opera era stata portata a termine, avendo insinuato la paura frenarono l’attacco. Allora Coclite: “O padre Tevere, ti prego – disse – fai in modo di accogliere con una corrente propizia questo soldato e queste armi”. Così armato saltò giù nel Tevere e, pur piombandogli addosso molti giavellotti, giunse a nuoto dai suoi incolume. La città fu tanto riconoscente nei confronti del suo immenso coraggio che pose una statua nel comizio e gli diede quanto terreno avesse delimitato con l’aratro in un giorno. In mezzo ai pubblici onori spiccavano anche ossequi privati; infatti ciascuno, nella grande carestia, privandosi del proprio cibo, gli portò qualche cosa.