Pausania vive alla persiana

Pausania sua sponte ad exercitum rediit et ibi non callida, sed dementi ratione consilium suum patefecit: non enim mores patrios solum, sed etiam cultum vestitumque mutavit.
Apparatu regio utebatur, veste Medica; satellites Medi et Aegyptii sequebantur; epulabatur more Persarum luxuriosius, quam qui aderant perpeti possent; aditum petentibus non dabat, superbe respondebat, crudeliter imperabat. Spartam redire nolebat; Colonas, qui locus in agro Troade est, se contulerat; ibi consilia cum patriae tum sibi inimica capiebat. Id postquam Lacedaemonii rescierunt et eum accusaturi erant maiestatis, legatos cum clava ad eum miserunt, in qua more illorum erat scriptum, nisi domum reverteretur, se capitis eum damnaturos.
Hoc nuntio commotus, sperans se etiam tum pecunia et potentia instans periculum posse depellere, domum rediit. Huc ut venit, accusatus de vi in mores patriae ab ephoris in vincla publica est coniectus. Hinc tamen se expedivit, neque eo magis carebat suspicione: nam opinio manebat eum cum rege habere societatem.

Ad Litteram – Vol.2 – Pag.43 n.18

Di propria iniziativa Pausania, fece ritorno presso l’esercito e qui, senza nessuna avvedutezza ma in modo addirittura folle, rivelò le sue intenzioni: cambiò infatti non solo le abitudini patrie, ma anche il modo di vivere e di vestire.
Sfoggiava una magnificenza regale, aveva vesti come i Medi; lo accompagnavano satelliti medi ed egiziani; banchettava alla maniera dei Persiani, con più lusso di quanto potessero tollerare quelli che erano con lui; rifiutava l’udienza a chi gliela chiedeva; rispondeva in modo altezzoso; dava ordini crudeli. Non voleva tornare a Sparta; si era recato a Colone, una località della Troade; là prendeva decisioni ostili sia alla patria che a se stesso. 4 Quando gli Spartani vennero a conoscenza di ciò, gli inviarono dei messi con la scitala, in cui secondo il loro costume era scritto che se non fosse tornato in patria, lo avrebbero condannato a morte.
Sconvolto da questo messaggio, sperando ancora di essere in grado, con il denaro ed il potere, di scongiurare il pericolo incombente, tornò in patria. Appena arrivato, fu dagli èfori messo nelle pubbliche prigioni: secondo le loro leggi infatti qualsivoglia èforo può fare questo ad un re. Da qui tuttavia uscì, ma non per questo venne meno il sospetto: rimaneva infatti la convinzione che se la intendesse col re.