Petilio Ceriale parla dei Romani e dei Germani

Mox Treviros ac Lingonas ad contionem vocatos ita Petilius Cerialis adloquitur: «Neque ego umquam facundiam exercui, et populi Romani virtutem armis adfirmavi: sed quoniam apud vos verba plurimum valent bonaque ac mala non sua natura, sed vocibus seditiosorum aestimantur, statui pauca disserere quae profligato bello utilius sit vobis audisse quam nobis dixisse. Terram vestram ceterorumque Gallorum ingressi sunt duces imperatoresque Romani nulla cupidine, sed maioribus vestris invocantibus, quos discordiae usque ad exitium fatigabant, et acciti auxilio Germani sociis pariter atque hostibus servitutem imposuerant. Quot proeliis adversus Cimbros Teutonosque, quantis exercituum nostrorum laboribus quove eventu Germanica bella tractaverimus, satis clarum. Nec ideo Rhenum insedimus ut Italiam, tueremur, sed ne quis alius Ariovistus regno Galliarum potiretur. An vos cariores Civili (Giulio Civile, capo dei Batavi rivoltosi) Batavisque et transrhenanis gentibus creditis quam maioribus eorum patres avique vestri fuerunt? Eadem semper causa Germanis transcendendi in Gallias, libido atque avaritia et mutandae sedis amor, ut relictis paludibus et solitudinibus suis fecundissimum hoc solum vosque ipsos possiderent: ceterum libertas et speciosa nomina praetexuntur; nec quisquam alienum servitium et dominationem sibi concupivit ut non eadem ista vocabula usurparet.»

Subito dopo Petilio Ceriale parlò in questo modo ai Treviri e ai Lingoni convocati in assemblea: “Io non ho mai esercitato l’eloquenza, e ho affermato con le armi il valore del popolo Romano: ma poiché presso di voi valgono moltissimo le parole e le cose buone e le cose cattive vengono valutate non per la loro sostanza, ma per le voci dei sediziosi, ho deciso di dire poche parole che, conclusa la guerra, sia più utile a voi averle ascoltate che a noi averle dette. Condottieri e imperatori Romani sono entrati nella vostra terra e in quella degli altri Galli senza nessuna brama, ma perché li supplicavano i vostri antenati, che le discordie tormentavano fino alla rovina, e i Germani, chiamati in aiuto, avevano imposto il giogo ai nemici e parimenti agli alleati. Con quante battaglie contro i Cimbri e i Teutoni, con quante fatiche dei nostri eserciti o con quale successo abbiamo condotto le guerre contro i Germani, è abbastanza evidente. Abbiamo occupato il Reno non per difendere l’Italia, ma affinché nessun altro Ariovisto s’impossessasse del regno dei Galli. Forse voi credete di essere più cari a Civile e ai Batavi a alle genti transrenane di quanto lo furono i vostri padri e nonni agli antenati di costoro? Per i Germani il motivo di passare nelle Gallie è sempre lo stesso, la brama e l’avidità e il desiderio di cambiare sede, per possedere, lasciate le paludi e i loro luoghi desolati, questa terra fertilissima e voi stessi: per altro vengono addotte a pretesto la libertà e splendide parole; nessuno desiderò per sè la dominazione e la servitù di altri, da non usare queste stesse parole”.